La stima va presa un po’ con le molle. Ma secondo l’Open Data Index realizzato da Open Knowledge solo l’11% delle informazioni mondiali sono disponibili in un formato aperto e accessibile a tutti i cittadini. Il dato non è eclatante ma è comunque confortante perché indica una progressiva consapevolezza da parte di (alcuni) Governi e di (alcune) istituzioni del valore di una società trasparente. L’indice tiene traccia della disponibilità e dell’accessibilità delle informazioni in dieci aree, tra cui la finanza pubblica, i risultati elettorali, gli orari dei trasporti pubblici e i livelli di inquinamento. Da paese a paese le differenze sono molto marcate. Per esempio, solo due paesi su 97 (la Gran Bretagna e la Grecia) forniscono puntualmente pieno accesso al dettaglio delle spese del governo. Va aggiunto che se è vero che i bilanci e le previsioni di spesa sono per la maggioranza dei paesi occidentali pubbliche, non è così per il dettaglio delle singole voci di finanziamento.
Eppure, come ricorda Rufus Pollock sul sito della fondazione, le sinergie dall’apertura dalle banche dati sarebbero in grado di generare a livello globale 1 trillione di dollari di benefici. Quanto alla classifica dei paesi, la Gran Bretagna è al primo posto con un punteggio di 96%, seguita da vicino dalla Danimarca e dalla Francia. Come appare dal grafico, l’Italia (qui la scheda) occupa la 25esima posizione, accanto a Svizzera e Brasile. Come più volte ricordato, l’apertura delle nostre banche dati ottiene punteggi importanti per quanto attiene ai risultati elettorali (Ministero dell’Interno) e alle statistiche nazionali (Istat). C’è invece molta strada da percorrere sul fronte della finanza pubblica, delle informazione per il disegno delle mappe geografiche e su quello dell’accessibilità dei documenti normativi.
Accanto al processo di apertura delle banche dati, in atto un po’ a macchia di leopardo, in Italia c’è da registrare la mancanza di una legge sull’accesso alle informazioni della pubblica amministrazione sul modello del Freedom of information act. Oggi la legge italiana non riconosce ai semplici cittadini il diritto di accedere a tali documenti, sebbene di interesse comune; al contrario lo limita fortemente. Una richiesta massiva, da parte di soggetti maggiormente legittimati quali giornalisti, organi di informazione o associazioni, aumenta le possibilità di vedere riconosciuto quello che dovrebbe invece essere un diritto acquisito da ciascuno, a prescindere dalla professione svolta: conoscere in che modo le istituzioni operano per suo conto e a sue spese. Per saperne di più cliccare Diritto di Sapere o in aggiunta per firmare l’appello per chiedere l’adozione di un Freedom of Information Act l’indirizzo è questo.