Dei tanti autogol che l’Italia rischia di commettere ce n’è uno che sarebbe davvero imperdonabile: far accumulare altro ritardo al treno degli investimenti in ricerca e sviluppo, che già di suo viaggia a singhiozzo. Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti: non solo continuiamo a spendere in R&S l’1,25% del Pil contro il 2% di media Ue ma ci permettiamo anche il lusso di regalare alle politiche per l’innovazione degli altri paesi europei circa 300 milioni l’anno.
I dati pubblicati dalla Commissione Ue vedono l’Italia in terza posizione tra i 28 per il numero di progetti presentati (34.536), ma ventesima nella capacità di ricevere i fondi per la ricerca; la stragrande maggioranza dei progetti viene bocciata e solo il 18,3% ha successo (la media Ue nel tasso di successo dei progetti presentati è del 20,5%).
Per quanto riguarda le classifiche Ue sui top 50 nella conquista dei fondi, il primo ente di ricerca italiano si trova al 5° posto: il Centro Nazionale delle Ricerche si piazza appena sotto al podio, seguito dal Centro Ricerche Fiat (19°) ed Enea (25°). Quarta posizione per D’Appolonia Spa nella lista delle imprese, mentre nella classifica delle università, dominata da 14 atenei inglesi, ne figurano solo due italiani, il primo dei quali si trova al 35° posto (Politecnico di Milano), seguito dall’Almamater di Bologna (37°).
Da Il Sole 24 ORE del 4 aprile 2015, pagina 2.