I timori dei ministri delle Finanze e dei Governatori delle Banche Centrali al G-20 di Shanghai a febbraio sono diventati la dura realtà con la quale, oggi e domani, dovrà fare i conti il G-20 di scena a Chengdu, capitale del Sichuan, ultima tappa preparatoria sulla strada del vertice di settembre ad Hangzhou.
È la Brexit la novità che ha contribuito alla revisione in negativo delle stime di crescita globale del Fondo monetario, è il rompicapo da risolvere rapidamente, uno spettro capace di offuscare il tema del summit, peraltro piuttosto anodino: «Promozione congiunta della crescita; condivisione di responsabilità, gestione e sviluppo».
La realtà impone nuove emergenze, la Brexit spinge sulla stessa Cina, costringendola ad accelerare il passo sul tasso di cambio per allinearlo alle dinamiche del mercato, come ha dichiarato ieri il premier Li Keqiang. Anche Christine Lagarde, managing director dell’Fmi, ha chiesto di «rimuovere il più velocemente possibile» i fattori di incertezza derivanti dalla decisione della Gran Bretagna di lasciare l’Unione Europea. A Chengdu sono attesi anche i “liquidatori” britannici della partecipazione alla Ue; questo weekend, per il nuovo Governo di Londra, sarà indubbiamente un test importante.