Qual è il Paese del G20 con la più alta percentuale di Pil rispetto a quello mondiale, un’elevata spesa in ricerca e sviluppo e una bassa presenza di stranieri residenti? Non si tratta né della Cina, né degli Stati Uniti. Considerata come un’unica entità e non come una somma di nazioni, è infatti l’Unione europea a primeggiare tra le 20 realtà più industrializzate del pianeta.
A dirlo, in concomitanza con l’apertura del summit del G20 in programma ad Hangzhou, in Cina, è l’Eurostat. L’istituto europeo di statistica nei giorni scorsi ha infatti diffuso un rapporto che prende in considerazione diversi indicatori, mettendo a confronto i dati relativi all’Ue con quelli dei paesi extraeuropei che parteciperanno all’incontro. Dove il Vecchio continente sarà invece rappresentato soltanto da Germania, Regno Unito, Francia, Italia.
Parlasse invece con una voce sola, l’Unione europea avrebbe parecchi argomenti da far valere. A cominciare dal fatto che rappresenta da sola quasi un quarto dell’intero prodotto interno lordo mondiale. Secondo Eurostat, nel 2015 il Pil dell’Ue ha rappresentato il 23,8% del Pil del pianeta, superando di poco il 22,2 degli Stati Uniti e di gran lunga il 13,4 della Cina.
Guardando poi alla percentuale di questo prodotto interno lordo che viene investita in ricerca e sviluppo (il dato è relativo al 2013), con il suo 2,03% destinato all’R&D l’Unione si piazzerebbe al quinto posto tra i Paesi del G20. La quota maggiore è quella della Corea del Sud, che destina a questa voce una quota pari al 4,15% dell’intera ricchezza prodotta. Seguono il Giappone con 3,47%, gli Stati Uniti con il 2,81 e l’Australia con il 2,25. Trattandosi però di una quota del Pil, in valori assoluti l’Europa compete con gli Usa quanto a denaro investito in ricerca.
Tutto questo con una popolazione di 508 milioni di persone, che rendono l’Unione la terza realtà più popolosa del mondo dopo la Cina e l’India, realtà che hanno entrambe superato il miliardo e 300 milioni di abitanti.
Certo è che il Vecchio continente lo è non solo di nome, ma anche di fatto. L’Ue ha infatti uno dei più bassi indici di fertilità tra i Paesi riuniti in questi giorni ad Hangzhou. Ogni donna europea, il dato è riferito al 2013, mette al mondo 1,5 figli. Peggio fanno solo le donne coreane con 1,2 e quelle giapponesi con 1,4. Mentre in Arabia Saudita si arriva a quota 2,8, praticamente il doppio rispetto a quanto avviene in Europa.
Dal punto di vista della crescita della popolazione, l’Ue non sembra essere aiutata nemmeno dall’immigrazione. Nonostante la crisi dei migranti che vede i profughi dalla Siria, dall’Iraq e dall’Afghanistan diretti nel Vecchio continente, gli stranieri residenti nei paesi dell’Unione europea, ovvero le persone che sono nate in un Paese extra Ue, rappresentano infatti soltanto il 6,8% del totale della popolazione. In Arabia Saudita si arriva al 32,3%, come a dire che ogni tre persone che si incontrano per strada, una non è nata nel Paese. Molto forte la presenza straniera anche in Australia (28,2%), Canada (21,8%), Stati Uniti (14,5%) e Russia (8,1%). Segno che, nonostante il Pil sia il più alto tra quello dei Paesi del G20 e ci sia un forte investimento in ricerca, l’Europa non è poi così attrattiva. O forse è solo perché a Hangzhou non ci sarà il “presidente” europeo, ma quello italiano accompagnato dai colleghi tedesco, francese e britannico.