Nel mondo occidentale si fa tanto parlare di baby boomers, generazione Z e generazione Y? Tutte categorie obsolete rispetto alla generazione M. I musulmani compongono oggi la classe media dei 12 Paesi a più rapida crescita economica e demografica, contando su 2 miliardi di consumatori, che nel giro di 10 anni diventeranno quasi 700milioni in più.
Qual è il loro identikit? Sono i cosiddetti “futuristi” o “modernisti”, molto diversi dai loro padri: poco estremisti pur essendo religiosi, ecologisti, socialmente impegnati e consumatori alla ricerca di prodotti di qualità. Oggi, la classe media musulmana conta 300milioni di persone e nel giro dei prossimi 15 anni è destinata a triplicare.
I 12 Paesi interessati da questo fenomeno sono i più effervescenti tra quelli emergenti in base al concetto di velocità di crescita. Sono in particolare Cina e India a detenere il primato per numero di musulmani, rispettivamente 758 e 431 milioni, nel 2015. Ma le stime per i prossimi 10 anni prospettano un’impennata soprattutto in India dove si attende addirittura un raddoppiamento della cifra.
L’altro gruppo sociale in grande crescita è quello delle donne, che sempre più spesso in questi Paesi rivendicano anche la parità tra i sessi. Caso esemplare quello delle Filippine dove il 40% delle poltrone di comando nelle università è di genere femminile.
Cosa comporta tutto questo? Di certo un adeguamento dei produttori dei beni di largo consumo. Aumenta sempre più la diffusione di cibo halal (rispettoso dei dettami del Corano) – già oggi il valore del mercato nel mondo supera i mille miliardi di dollari. L’abbigliamento si adegua alle norme islamiche: D&G ha lanciato una linea di abiti coordinati con l’hijab. Le pubblicità si rivolgono ora alle donne, le vere decision leader all’interno dei nuclei famigliari.
Una sfida per le grandi multinazionali, che si scontrano con la preferenza di questi nuovi consumatori per i marchi locali.