Sul fronte occupazione giovanile l’Italia vanta solo primati negativi. Se le possibilità variano in base al Paese europeo di residenza, in Italia si rileva un’alta la percentuale di ragazzi sfiduciati, una bassa quota di laureati, una forte disoccupazione e una scarsa occupazione, che nel complesso delineano una situazione di difficoltà per le nuove generazioni. Il ritardo si riversa poi sui giovani immigrati che, secondo i dati, hanno ancora minori possibilità rispetto agli autoctoni.
Sono il 24.5% (circa un quarto della popolazione) i “Neet”, cioè i giovani nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni che non studiano né cercano lavoro. E la percentuale aumenta di circa 11 punti per gli stranieri nel nostro Paese.
Record negativo anche per il numero di laureati tra i 30 e i 34 anni, che in Italia sono il 27.9% degli autoctoni e il 13.2% degli stranieri, contro una media dell’Unione europea a 15 pari rispettivamente al 40% e al 35%.
Cediamo il primato ma non abbandoniamo il podio sul versante del lavoro, con un tasso di occupazione tra i 20 e i 24 anni del 27% e la disoccupazione della stessa fascia di età al 37.2% – contro rispettivamente il 23.7% e il 49.1% della Grecia capolista. La difficoltà a trovare un lavoro abbassa anche l’indice di emancipazione, misurato come l’età in cui i figli riescono a lasciare il nucleo famigliare: meno di 20 anni in Svezia, oltre i 30 in Italia.