Il paesaggio industriale europeo è stato colpito dalla grande crisi. Quello italiano è stato disarticolato. Tra il 2007 e il 2016 – secondo le ultime stime di Sergio De Nardis, direttore del settore analisi macroeconomica dell’Ufficio Parlamentare del Bilancio – il potenziale industriale dell’Italia si è ridotto del 19,5%, mentre quello tedesco è aumentato del 6,5 per cento. Anche se l’export ha sfondato il tetto dei 400 miliardi di euro, la produttività generale delle nostre imprese manifatturiere è tornata ai livelli ante 2008 e quella particolare di un preciso segmento dimensionale – tra i 10 e i 250 addetti – ha uno standard di eccellenza, ulteriormente accresciuto – negli anni della grande crisi – rispetto perfino alle aziende tedesche. …
Per il nostro Paese, in uno scenario di lungo periodo, la versione più radicale dell’Industry 4.0, ossia l’intelligenza artificiale, appare interessante. L’Accenture Institute for high performance, in collaborazione con Frontier Economics, ha calcolato che, alle attuali condizioni, nel 2035 la crescita dell’economia italiana sarà dell’1 per cento. «L’intelligenza artificiale – si legge nel report – potrebbe potenzialmente duplicare la crescita nel 2035. In questo periodo, in Italia il valore aggiunto potrebbe toccare l’1,8 per cento». Quasi il doppio, dunque. Meno, però, del 2,5% della Spagna, del 2,9% della Francia e del 3% della Germania. L’aumento della produttività italiana, da qui al 2035, sarebbe del 12 per cento. Superiore all’11% spagnolo, ma inferiore al 20% francese e al 29% tedesco. «Questa differenza – si legge nel rapporto – trova una sua origine nella diversa capacità che i Paesi hanno di integrare e assorbire le innovazioni tecnologiche».