Il pubblico impiego che sta provando a uscire dall’eccezionalità della crisi per ritrovare una condizione ordinaria è un mondo molto differenziato. A dirlo è il dossier di tabelle pubblicate dalla Ragioneria generale dello Stato. I soldi restano l’argomento più delicato. In tema di retribuzione lorda effettiva, il dipendente pubblico medio ha perso tra 2011 e 2015 il 6,2%. Nello stesso periodo la busta paga media nella scuola ha lasciato sul campo il 10,4%, nelle agenzie fiscali l’arretramento è dell’8%, nelle Università il 7,4%. Se però gli enti locali sono nei territori ad Autonomia speciale, lo stipendio medio arriva a fine 2015 praticamente inalterato, mentre nelle Autorità indipendenti si è registrata addirittura un’impennata uguale e contraria rispetto alla media: +6,2%.
Queste dinamiche sono figlie di due fattori: da un lato il turn over che ha fatto uscire dalla Pa i dipendenti più anziani, titolari di buste paga cresciute nel tempo; dall’altro il blocco di stipendi e contratti che ha congelato il valore nominale dei tabellari, mentre in molti comparti le riorganizzazioni hanno colpito le indennità aggiuntive. Queste ultime, tra 2011 e 2015, sono diminuite del 9,2%, ma nelle agenzie fiscali il taglio è stato del 17,8%. Anche in questo caso risalta la distanza crescente con gli Statuti speciali, dove invece sono cresciute del 9,8%. Una sforbiciata netta si è registrata nelle Autorità indipendenti, dove le voci accessorie sono state ridotte del 35,7%, ma la mossa è stata compensata dall’aumento del 28,8% delle parti fisse.