La crescita dell’economia italiana proseguira’ con un ritmo moderato. L’Ocse nel rapporto sull’Italia stima una crescita dell’1% per quest’anno e un incremento analogo nel 2018. “Il clima di incertezza legato al settore bancario e alla Brexit potrebbe mantenere a un basso livello la crescita dei consumi privati nel 2017”, scrive l’Ocse che sottolinea l’importanza del risanamento del settore bancario e di proseguire con la riforma della pubblica amministrazione. La ripresa italiana, secondo l’istituzione internazionale, “resta debole a causa di uno scarso livello di investimenti e del difficile contesto internazionale”.
La bocciatura della riforma costituzionale in occasione del referendum “rischia di rallentare il processo di riforme strutturali, facendo diminuire le prospettive di crescita e rendendo piu’ difficile il risanamento dei conti pubblici”. Lo scrive l’Ocse nel rapporto sull’Italia presentato oggi a Roma dal segretario generale Angel Gurria al ministero dell’Economia alla presenza dei ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan
Quattro, in particolare, le sfide indicate dall’Ocse: la produttività, che in Italia rimane bassa e in diminuzione ulteriore (si veda il grafico a fianco), il risanamento bancario, il mercato delle competenze per favorire l’incrocio fra domanda e offerta di lavoro e la lotta alla povertà. La ricetta, nella sintesi del segretario generale Ocse, Angel Gurria, è ancora quella delle «riforme, riforme, riforme», sia nel senso dei nuovi interventi da mettere in cantiere sia nell’ottica dell’attuazione piena di quelli già approvati.
Buona scuola e Jobs Act, per esempio, incassano la promozione Ocse, con Gurria che sottolinea i «3,2 milioni di nuovi contratti a tempo indeterminato creati dal 2015, che hanno aumentato di due punti l’occupazione totale». Ma per attaccare la disoccupazione giovanile resta ancora tutta da percorrere la strada della formazione professionale di livello universitario, che in Italia riguarda solo uno studente su 100 contro il 18% della media Ocse. Da questo punto di vista, sottolinea Gurria, il modello c’è ed è quello degli Its, gli istituti tecnici superiori che danno lavoro al 73% dei loro studenti entro un anno dal titolo. Discorso simile per la produttività, da aggredire con l’attuazione del programma «ambizioso» di Industria 4.0 e l’approvazione «al più presto possibile» della legge sulla concorrenza.