Partiamo dalle origini. Per capire bene come l‘Osservatorio di complessità economica classifica la complessità dell’Italia dobbiamo chiederci tre cose: primo chi sono loro, poi che strumento utilizzano e cosa intendono per complessità economica. Loro sono un gruppo di ricercatori del Mit Media Lab che dal 2010 compiono studi sulla misurazione dell’innovazione nei prodotti esportati da un singolo paese. Hanno online un tool interattivo che fornisce dati e strumenti di analisi per aggiornare le classifiche e offrire visualizzazioni di dati per capire rapidamente quali Paesi si scambiano quali prodotti.
L’idea di base. Dobbiamo ad Adam Smith l’idea che la divisione (specializzazione) del lavoro è il segreto della ricchezza delle nazioni. In un’interpretazione moderna, la divisione del lavoro nei mercati e nelle organizzazioni è ciò che permette alle conoscenze di pochi di raggiungere molti, rendendoci collettivamente più saggi, più consapevoli e più efficienti. La complessità di un’economia è quindi una misura per valutare le conoscenze utili di una nazione sulla paesi dei prodotti esportati. La loro tesi quindi è che possiamo misurare la complessità economica dal mix di questi prodotti che i paesi sono in grado di produrre. L’indice si chiama Pci (Product Complexity Index) e per una spiegazione più esaustiva su come viene calcolato. La composizione dei prodotti più esportati dà origine all’Economic Complexity Index (Eci), che è quindi la misura della complessità di una economia nazionale.
Qui sotto una data viz realizzata da Oec che mostra l’andamento dell’economic complexity index negli ultimi cinquant’anni.
Alcuni esempi. Alcuni prodotti, come i dispositivi medici di imaging o i motori a reazione, incorporano grandi quantità di conoscenze e sono i risultati di reti molto grandi di persone e organizzazioni. Questi prodotti non possono essere fatti in economie più semplici che mancano parte del set di capacità di questa rete. La complessità economica, dunque, si esprime nella composizione della produzione produttiva di un paese e riflette le strutture che emergono per contenere e combinare la conoscenza. Qualche esempio? Photographic Chemicals (che sono i materiali e le tecnologie per la fotografia e la stampa) è il 402esimo prodotto più scambiato nell’ambito del commercio internazionale e il prodotto “più complesso”. Qui trovate una foto della complessità e qui la descrizione della complessità
La complessità dell’Italia. L’Italia secondo il sito Oec è il settimo più grande esportatore del mondo (secondo il Mise nel 2015 eravamo ottavi) ma siamo 24esimi in termini Economic Complexity Index (Eci). Nel 2015 abbiamo registrato esportazione per un valore di 446 miliardi di dollari (importazione per 404 miliardi). Qui trovate una dataviz con l’export e l’import. Tra i beni più interessanti in termini di complessità Medicamenti Packaged (20,1 miliardi), auto (14 miliardi), derivati del petrolio (12,7 miliardi), e meccanica ($12,1 miliardi) e valvole ($7,75 miliardi), (a classificizione dei prodotti è HS che sta per Harmonized System). Qui sotto trovate la classifica dei prodotti sin base all’indice Pci. Il vino, per avere un termine di paragone e per comprendere le logiche della classifica è al 900esimo posto mentre le auto al 280esimo e la pasta nella posizione 1056. Il che spiega la posizione dell’Italia in questo tipo di classifica e anche i limiti del ranking ma illustra anche bene uno dei mali storici del nostro Paese: non aver saputo inventarsi nuovi mercati di prodotti innovativi e non aver saputo”potenziare” da un punto di vista tecnologico e digitale molti dei suoi prodotti che rappresentano una eccellenza mondiale.
Nell’info data realizzata visualizzando tutti i prodotti che concorrono a misurare l’indice di complessità. Cliccando si può scoprire il rank e il punteggio in termini di Pci