Indica un intervallo di date:
  • Dal Al
cronaca

Maggiori disturbi mentali nelle società meno eque

A fine giugno uscirà in inglese “The Inner Level. How More Equal Societies Reduce Stress, Restore Sanity and Improve Everyone’s Wellbeing” (come società più eque possono ridurre lo stress e migliorare il benessere di tutti) scritto da due colonne portanti a livello mondiale nella ricerca sulle disuguaglianze sociali nella salute e dei determinanti sociali della salute: Richard Wilnkinson e Kate Pickett.

Perché l’incidenza della malattia mentale nel Regno Unito è doppia rispetto a quella in Germania? Perché gli americani sono tre volte più propensi degli olandesi a sviluppare problemi di gioco? Perché il benessere dei bambini è molto peggiore in Nuova Zelanda rispetto al Giappone?

La tesi di fondo dei due autori è che la misura del benessere mentale di una società non dipende dal PIL o dal PIL medio pro capite, e quindi dal potere d’acquisto medio della popolazione, ma dal livello di disuguaglianza economica e quindi di opportunità che permea una società.

Da buoni epidemiologi parlano dati alla mano. Oggi fra i paesi ricchi, le società dove il benessere psicologico è peggiore sono proprio le società più disuguali (nei termini del coefficiente di Gini): Stati Uniti e Regno Unito su tutti. Al contrario, le società più eque come il Giappone o i paesi scandinavi sono quelle che presentano tassi inferiori di disturbi mentali.

Non è un caso – affermano gli autori – che con il passare dei decenni si registri una sempre maggiore prevalenza di disturbi mentali come l’ansia, nonostante le società siano diventate sempre più ricche. Non sono le generazioni a essere diventate via via sempre meno capaci di far fronte alle difficoltà della vita, come viene spesso raccontato, ma è l’ineguaglianza a creare una maggiore competizione sociale, che a sua volta favorisce l’aumento di ansia e stress, e quindi una maggiore incidenza di malattie mentali, insoddisfazione e risentimento. E questo – continuano gli autori -porta all’ampliamento di abuso di droghe, alcol e dipendenze come il gioco d’azzardo – che a loro volta generano ulteriore stress e ansia.

Per gli Stati Uniti – il paese dove la disuguaglianza economica è maggiore – basta pensare all’epidemia dell’abuso di oppiacei ormai da tempo balzata alle cronache. Secondo i dati dell’CDC americano, il tasso di mortalità per abuso di oppiacei è passato da 3 decessi per 100 mila persone del 2000 ai 13,5 del 2016.

Certo, la malattia mentale è un fenomeno multifattoriale. La Nuova Zelanda ha tre volte più malattie mentali dell’Italia, e gli stessi livelli di disuguaglianza di reddito, e la Francia ha il doppio dei tassi di malattia mentale della vicina Spagna, eppure la sua disuguaglianza di reddito è più o meno la stessa. Tuttavia, la tendenza c’è e si vede.

Gli autori incrociano i dati sulla disuguaglianza economica con l’indice di “salute e problemi sociali” che comprende – si legge – aspettativa di vita, abilità nel leggere, scrivere e far di conto, mortalità infantile, tasso di omicidi, reati commessi, gravidanze in età adolescenziale, tassi di obesità, mobilità sociale e – appunto – disturbi mentali incluse le dipendenze.

Secondo gli autori l’Italia rappresenterebbe un’anomalia: un livello medio alto di disuguaglianza economica ma una prevalenza non così elevata di disturbi mentali, e la ragione sarebbe da ricercarsi nelle “strette relazioni familiari in Italia”.

Il legame fra livello di “income inequality” (letteralmente disuguaglianza di reddito) e prevalenza delle malattie mentali è stato esaminato e confermato anche da un’ampia revisione pubblicata nientemeno che su The Lancet Psychiatry nel 2017, che vede fra gli autori anche un italiano, Luca Pingani dell’Azienda USL di Reggio Emilia e dell’Università̀ degli studi di Modena e Reggio Emilia. Esaminando 27 studi su questo tema, gli autori, guidati da Sara Evans-Lacko e Wagner-Silva Ribeiro della London School of Economics, hanno concluso che le disuguaglianze di reddito sono negative per la salute mentale, anche se sulle dimensioni di questo impatto vi è una marcata eterogeneità tra gli studi. La conclusione è che se la riduzione della disparità di reddito potrebbe comportare un significativo miglioramento del benessere della popolazione.

In The Inner Level ampio spazio è dedicato infine all’analisi del benessere durante l’infanzia, che come è noto è un proxy di malessere in età adulta.

Si tratta di considerazioni ampiamente condivise dai maggiori studiosi di epidemiologia sociale a livello mondiale. Lo stesso Michael Marmot nel suo “The Health Gap”, sottolineava che il gap inizia non appena si nasce e povertà e privazioni, si traducono in condizioni cognitive sfavorevoli sin dalla primissima infanzia, a partire per esempio dal numero di parole utilizzate dai bambini. Insomma, il luogo comune secondo cui ciò che non uccide dovrebbe fortificare è falso: per citare Marmot, “ciò che non uccide rende più vulnerabili”.

Ultimi commenti
  • Stefano Chiabolotti |

    La sensazione è che il dato italiano sulla “prevalenza non così elevata di disturbi mentali” sia sopravvalutato; ho l’impressione che nel nostro paese esista ancora una difficoltà a denunciare il disturbo mentale, soprattutto agli specialisti. Si preferisce ricorrere agli psicofarmaci, magari prescritti dal medico di base. Che la cerchia familiare possa avere una funzione “contenitiva” può essere vero, ma più per mancanza di strategie terapeutiche, che per forza reale del nucleo familiare e parentale, oramai assai debole anche nel nostro paese.

  • Stefano Chiabolotti |

    La sensazione è che il dato italiano sulla “prevalenza non così elevata di disturbi mentali” sia sopravvalutato; ho l’impressione che nel nostro paese esista ancora una difficoltà a denunciare il disturbo mentale, soprattutto agli specialisti. Si preferisce ricorrere agli psicofarmaci, magari prescritti dal medico di base. Che la cerchia familiare possa avere una funzione “contenitiva” può essere vero, ma più per mancanza di strategie terapeutiche, che per forza reale del nucleo familiare e parentale, oramai assai debole anche nel nostro paese.

  • Francesco |

    Tutti i dati sembrano indicare che il livello di diseguaglianza in Italia é misurato male, o lo sono tutti gli altri indicatori? Sarei piú propenso per la prima. Al netto dell’evasione il livello di diseguaglianza potrebbe essere intorno 2/3? Ha senso o é un ragionamento che non sta in piedi?

  • Francesco |

    Tutti i dati sembrano indicare che il livello di diseguaglianza in Italia é misurato male, o lo sono tutti gli altri indicatori? Sarei piú propenso per la prima. Al netto dell’evasione il livello di diseguaglianza potrebbe essere intorno 2/3? Ha senso o é un ragionamento che non sta in piedi?

Suggeriti