Una filiera frammentata, ancora poco vocata all’export, schiacciata dalla distribuzione. Un tessuto produttivo solido, plurispecializzato, focalizzato sulla qualità, su cui la crisi ha iniziato a battere solo da un paio d’anni senza però minarne i fondamentali. Sono i due volti della food valley di Parma, dove multinazionali come Barilla, Parmalat e Nestlè, medie imprese come Parmacotto e Mutti, consorzi delle due Dop regine (Parmigiano reggiano e Prosciutto di Parma) e centinaia di piccole realtà (tra mulini, pastifici, caseifici, aziende conserviere vegetali e animali) creano un modello industriale unico.
Un quadro del made in Italy, quello parmense, che conta 7,6 miliardi di euro di business, un migliaio di aziende e 14mila posti di lavoro dipendente. La produzione industriale complessiva però è tornata negativa nel primo trimestre 2014 (-1,5%) smentendo le attese di ripresa degli industriali.
Tratto da Il Sole 24 Ore, mercoledì 06 agosto 2014 p.8