Accelera la corsa di Expo 2015 per portare a termine i lavori in tempo per l’inaugurazione, fissata al 1° marzo dell’anno prossimo. I cantieri più in ritardo rispetto alla tabella di marcia sono quelli relativi al Palazzo Italia (nei manufatti per il cardo) e alla parte sud delle Vie d’acqua. Questo dice l’elaborazione degli open data pubblicati online dalla società, in nome della trasparenza (in particolare lo dice l’indice temporale, elaborato mettendo in rapporto i giorni lavorati finora con quelli previsti per contratto, includendo anche le numerose proroghe approvate per varianti in corso d’opera o per cause di forza maggiore come il maltempo). Mai come in questo caso, però, il dato va letto – e integrato – alla luce delle continue novità di cronaca. Il contratto di gara sulle Vie d’acqua, in particolare, è finito un paio di giorni fa nel ciclone dell’inchiesta giudiziaria che ha portato agli arresti domiciliari di Antonio Acerbo, ex sub-commissario di Expo Spa e responsabile del Padiglione Italia.
Le vicende di cronaca sui cantieri di Expo
L’accusa è quella di aver favorito la vicentina Maltauro (già commissariata per l’inchiesta sull’appalto relativo alle architetture di servizio), aggiudicataria capofila anche della gara relativa al progetto per collegare con un canale il centro di Milano al sito espositivo di Rho. In attesa che la giustizia faccia il suo corso, non stupisce dunque che tra le 34 gare d’appalto sul cantiere del sito espositivo quella sulle Vie d’acqua sia proprio quella più in affanno, contestata fin dall’inizio dal movimento dei No Canal. Così come non stupisce che, in base all’indice temporale, anche i cantieri di Palazzo Italia e dell’Expo center siano tra quelli dove c’è ancora molto da fare: entrambe le gare sono state aggiudicate da un’associazione di imprese che vedeva come capofila la cooperativa Cesi, fallita qualche mese fa. Oggi, passando tutti i controlli burocratici e dell’Anticorruzione, l’associazione di imprese si è ricostituita con nuova forma e procede speditamente con i lavori. Ma ogni dato – come quello dell’indice temporale – è figlio dei guai giudiziari che hanno travolto i soggetti coinvolti nel maxi cantiere di Expo.
Allo stesso modo i dati relativi all’appalto di gara per la realizzazione della piastra non possono essere analizzati senza tenere conto della cronaca: l’intero appalto (il più grande per importo tra i 34 aggiudicati) è oggetto di indagini da parte della magistratura. L’infrastruttura più importante è nelle mani della Mantovani, caduta nel ciclone dello scandalo Mose a Venezia: la gara per la piastra è stata più volte citata come il “peccato originario” di Expo 2015, che – alla luce delle indagini – la famosa “cupola degli appalti” avrebbe cercato di indirizzare. I lavori sono stati vinti «in modo legittimo» dalla Mantovani con il «miglior punteggio qualitativo», corrispondente ad un ribasso del 41,8% sulla base d’asta. A cui poi si sono sommate varianti approvate in corsa e proroghe sul cronoprogramma, di fatto ancora aperto. Una parte del progetto, infatti, avrebbe dovuto essere completato il 6 febbraio scorso, un’altra il 6 luglio, ma il cantiere non è ancora terminato: anzi, l’indice temporale ci dice che in alcuni casi i tempi sono praticamente triplicati (al 323% rispetto ai giorni contrattuali inizialmente previsti).
Gli open data: un laboratorio che riflette la complessità del cantiere
Da quando sono stati pubblicati online i dati relativi al cantiere più grande attualmente in Italia, la corsa a cercare di leggerli per “scoprire” la verità sui lavori (e rispondere alla grande domanda: ce la faranno a finirli in tempo?) è stata continuamente interrotta dalle vicende giudiziarie. Difficile non leggere nell’imbarazzo di fronte ai titoli di giornale di chi ha gestito l’intero progetto volto a promuovere la trasparenza sulla manifestazione. “Questi sono i dati, per tutto il resto è meglio sentire direttamente la società Expo Spa”, ci ha risposto il professor Giovanni Menduni del Politecnico di Milano, responsabile del portale di open data, alla nostra richiesta di commentare certi ritardi su alcuni interventi.
“Il cronometro dei lavori si può fermare per diverse ragioni”, ha poi sottolineato Menduni. Con il passare dei primi giorni, dopo la pubblicazione online dei primi dati, il dataset è cambiato di ora in ora: sono state introdotte le note metodologiche ed in seguito ad alcune osservazioni mosse al team che elaborava i dati – anche da noi poste – i dati sono stati corretti e integrati. Le stesse direzioni dei lavori dei diversi cantieri, spinte in alcuni casi dalle pressioni imprese capofila – hanno chiesto al team di studiosi di aggiornare (e correggere) i dati, inviando le loro integrazioni.
Ne deriva oggi un file di non semplice lettura, ma comunque una buona base per effettuare un monitoraggio sullo stato di avanzamento del cantiere. Va ricordato, però, che “il dato di OpenExpo – spiega Menduni – è necessariamente in ritardo rispetto alla realtà. Il Sal viene concordato tra direzione lavori e impresa. Poi, viene mandato al responsabile (Rup) che lo deve rivedere e vistare. A quel punto, una volta asseverato dalla stazione appaltante, viene emesso il certificato di pagamento e il Sal è definitivamente approvato. In questi passaggi si perdono alcune settimane. Ma se vogliamo un dato affidabile, tant’è. Non si può fare altrimenti dato che le contestazioni, alle volte, sono fisiologiche”. Insomma, ottima cosa l’open data. Ma la cronaca e il susseguirsi di iter autorizzativi e controlli sono tutta un’altra cosa.
Infodatablog su Open data – Expo: Ribassi e costi sotto la lente
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