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Come misurare le performance dei nostri manager? Scopri quanto vale la governance delle aziende quotate

I costi della governance delle società quotate
I costi della governance delle società quotate

I consigli d’amministrazione più pagati sono quelli di Intesa, Prysmian e Mediobanca con costi di governance superiori ai 10 milioni di euro. In fondo alla classifica Yoox, Saipem e Ansaldo. È quanto emerge nello studio sui compensi dei consigli di amministrazione a cura dell’ Osservatorio Executive Compensation e Corporate Governance della Luiss Business School. I compensi dei vertici aziendali non sono espressione diretta e proporzionale delle performance delle imprese che sono dirette. Analizzando la governance delle prime 40 società per capitalizzazione quotate in Italia emergono tendenze in atto da alcuni anni. Il costo dei Cda varia dai 13 milioni di euro di Intesa ai 1,3 milioni di Ansaldo. Quanto ai settori gli emolumenti in media più alti nelle tlc ( sei milioni in media) e a seguire i beni di consumo e quello finanziario (che comprende le banche quotate) entrambe intorno ai 5 milioni di euro.   Incrociando i dati sui costi della governance (si leggano le note metodologiche in basso) e i dati finanziari (Roe, dividendi, Tsr e capitalizzazione) non si riscontra una relazione diretta. Lo studio ha scelto di prendere in considerazione il compenso annualizzato che corrisponde al compenso realmente percepito diviso i mesi di permanenza in carica moltiplicato per dodici. Sulla base di questo calcolo  il costo di questi organi  sembra quindi  determinato da  fattori altri rispetto alle perfomance. Ma qualche cosa sta cambiando. Si legga l’articolo su Il sole 24 ore.com

Nota metodologica:

Lo studio, è realizzato in partnership tra Osservatorio Luiss su Executive Compensation e Corporate Governance e la società di consulenza Ernest&Young. Nella grandissima parte dei casi stiamo parlando di aziende con assetto di governance tradizionale, ossia dalla compresenza di un Collegio Sindacale e di un Consiglio di Amministrazione.

Lo studio è elaborato sulla base delle ultime informazioni pubblicate nelle relazioni sulle remunerazioni redatte ai sensi dell’articolo 123 ter del TUF delle società incluse nell’indice FTSE MIB, paniere composto dalle prime 40 società per capitalizzazione quotate in Italia. Per le nostre elaborazioni abbiamo escluso  società quali Tenaris, STMicroelectronics e CNH Industrial che possono essere considerate per varie ragioni più estere che italiane.

Sono stati considerati esclusivamente gli amministratori presenti al 31.12 e sono stati annualizzati i compensi di quelli che sono stati in carica solo una parte dell’anno.

I Presidenti, per ragioni di analisi e uniformità di campione, sono stati considerati esecutivi soltanto laddove individualmente destinatari di deleghe specifiche su importanti componenti del business.

Per ragioni di analisi e di confronto tra ruoli è stata creata la figura del “capo azienda”.  Come capo azienda si è inteso il ruolo che detiene la maggioranza dei poteri esecutivi in azienda. Nella suddetta figura sono stati ricompresi: Presidente e Amministratore Delegato, Amministratore Delegato, Amministratore Delegato e Direttore Generale, Direttore Generale (se non presente l’Amministratore Delegato). Quando erano presenti più AD, abbiamo scelto di inserire quello ritenuto più “pesante” in base alle deleghe formali e il sentire comune del mercato.

Per remunerazione fissa si intende la somma di tutte quelle componenti legate al ruolo e svincolate da condizioni particolari (tendenzialmente la retribuzione annuale lorda, gli emolumenti e i gettoni di presenza).

Nella voce bonus e altri incentivi è stato inserito tutto il variabile cash a vario titolo percepito nel corso dell’anno.

Sia nella remunerazione fissa che nella remunerazione variabile è stata considerata anche la remunerazione che è stata riversata dai vari amministratori. Lo stesso vale per i compensi su cui  vi è stata una rinuncia. Tale scelta è stata fatta per privilegiare il punto di vista dell’azienda che comunque si trova a sostenere un costo (remunerazione riversata) o a cui dovrebbe far fronte nel caso di un diverso amministratore (rinuncia ad una parte o a tutti i compensi). Il ragionamento è peraltro coerente con la volontà di arrivare a definire un costo della governance che non può prescindere da cifre rinunciate dal singolo.

Per calcolare il costo della governance sono stati sommati tutti i compensi a vario titolo erogati ai vari organi indipendentemente dal modello adottato. Nel costo è stata considerata anche la remunerazione da dirigente eventualmente percepita dal “capo azienda”. Tale scelta è stata fatta per rendere comparabili aziende che hanno scelto assetti di governance parzialmente diversi (azienda con Direttore Generale e senza Amministratore Delegato; azienda con Amministratore Delegato o con Amministratore Delegato e Direttore Generale).

Nel totale del Costo della Governance abbiamo inserito tutti i ruoli compresi nel database a prescindere dal modello di governance adottato e considerando la totalità dei Consiglieri e degli organi di controllo, (i.e. per i NED è stato preso il valore unitario e non la loro media).

Il market cap è stato preso dal bollettino statistico Consob e ove non presente, dal bilancio consolidato o borsa italiana.

Il valore dei titoli alla chiusura (2012-2013) è stato preso da Thomson One e i dividendi da Borsa Italiana. Il TSR è stato calcolato sommando capital gain annuale e dividendo per il prezzo iniziale dell’azione.
errata corrige: l’’AD di UBI banca non ha percepito bonus e non come erroneamente indicato 1,5 milioni.