Sono 714 mila le persone che nei 12 mesi precedenti l’intervista dichiarano di aver subito almeno un infortunio sul luogo di lavoro o durante il tragitto casa-lavoro (2,9% degli occupati e dei non occupati che nello stesso periodo hanno svolto un’attività lavorativa contro i 937 mila del 2007, il 3,7% del totale). Questi i risultati dell’indagine dell’Istat “Salute e sicurezza sul lavoro”, inserito nel secondo trimestre 2013 all’interno dell’Indagine Forze di Lavoro. Vengono rilevati gli infortuni sul lavoro; i problemi di salute causati o aggravati dall’attività lavorativa; la percezione dell’esposizione ai fattori di rischio sul luogo di lavoro.
Nell’infografica abbiamo voluto evidenziare settori e professioni che registrano più infortuni. E poi, nelle ultime due tabelle, ci siamo concentrati sui fattori di rischio e sui risultati delle interviste alle vittime.
Le professioni più “pericolose”
Come era immaginabile gli operai sono la maggioranza degli infortunati (253 mila, il 52,6%). Tra i lavoratori alle dipendenze, gli operai registrano il tasso di infortunio più elevato (3,2%), mentre tra i dirigenti e quadri si rileva il tasso più basso (1,3%). Tra i lavoratori autonomi, la quota minima risulta per gli imprenditori e i liberi professionisti (0,7%), mentre la percentuale più elevata si registra per i lavoratori in proprio (2,4%).
I settori più colpiti
Per quanto rigurada i settori il fenomeno è più diffuso tra gli occupati dell’agricoltura (3,5%), delle costruzioni (3,4%), dei trasporti (3,4%), dell’industria in senso stretto (2,9%) e della sanità (2,6%). Quattro settori di attività economica raccolgono circa il 60% degli infortunati: industria in senso stretto (27,2%), commercio (12,4%), costruzioni (11,1%) e sanità (9,4%).
I fattori di rischio
Tra i fattori di rischio, i più diffusi sono i movimenti ripetitivi della mano e del braccio (43,6%) e l’infortunio (40,2%). Gli uomini e gli operai sono i lavoratori maggiormente esposti. Per la salute psicologica, sia per gli uomini sia per le donne, il più importante fattore di rischio è invece il “carico di lavoro eccessivo o tempistiche di lavoro
pressanti” (25,3%). Le quote più elevate si osservano tra dirigenti e quadri (39,6%), imprenditori e liberi professionisti (29,6%), impiegati (29,3%). I settori più coinvolti sono le attività finanziarie e assicurative (33,4%), i servizi di informazione e comunicazione (33,6%), l’amministrazione pubblica e difesa (33,2%), la sanità (32,6%)
Le conseguenze
Le persone che dichiarano malattie o problemi di salute causati o aggravati dall’attività lavorativa negli ultimi 12 mesi sono 2 milioni 282 mila, il 5,4% del totale della popolazione degli occupati e dei non occupati con precedenti esperienze di lavoro (era il 6,9% nel 2007). La quota è più alta fra gli uomini (5,7%) rispetto alle donne (5,1%) e fra gli italiani (5,5%) rispetto agli stranieri (4,7%). Oltre la metà di quanti dichiarano disturbi di salute lamenta un problema osseo, articolare o muscolare (59,0%), in particolare alla schiena (29,5%). Problemi di salute di natura psicologica come lo stress, la depressione e l’ansietà sono avvertiti dall’11,9%. Oltre 17 milioni di occupati (il 76,6% del totale) percepiscono nello svolgimento del proprio lavoro la presenza di almeno un fattore di rischio per la salute; il 74,7% si sente esposto ad almeno un fattore di rischio fisico (degli 8 indagati) mentre il 27,0% ad almeno uno dei fattori di rischio psicologico (dei 3 indagati).
Fonte: Istat. Dataviz: Andrea Gianotti.