L’interscambio tra l’Italia e la Libia è da sempre il tipico “baratto ” tra economia matura (assetata di materie prime) e sistema emergente, cui servono i macchinari per estrarle, i veicoli per trasportarle e anche i derivati raffinati di quello stesso petrolio venduto a barili. In tempi di pace, grandi accordi, sorrisi e crescita galoppante del Pil libico. Nelle periodiche crisi, bruschi contraccolpi per le nostre imprese e una “ricchezza” nazionale in caduta libera.
Il 2013 si è concluso con un interscambio complessivo tra Libia e Italia, da sempre primo cliente e fornitore del Paese africano, di circa 11 miliardi di euro, dato che si è progressivamente ridotto negli anni, a partire dal 2008, quando l’interscambio fruttava 20 miliardi di euro. Nel 2011, anno della caduta di Gheddafi, il commercio tra i due Stati è diminuito del 69%, con un crollo delle importazioni italiane del 67% e delle esportazioni verso Tripoli del 77%. Esportazioni che riguardano soprattutto i prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio (56%), come benzina e catrame. Circa il 90% dell’import italiano, invece, si concentra nel gas naturale (47%) e petrolio e greggio (42,4%).
Da Il Sole 24 ORE del 18 febbraio 2015, pagina 6.