Altro che Anagrafe unica, nei computer della pubblica amministrazione regna il caos digitale. Toccano quota 54mila le banche dati gestite dagli enti pubblici: anagrafi, inventari, informazioni su personale e stipendi, conti economici, statistiche interne ed elenchi di ogni ordine e grado. A mappare il patrimonio di file e dati posseduti dalle 9.400 amministrazioni pubbliche italiane è il Catalogo delle banche dati della Pa dell’Agenzia per l’Italia digitale, da un paio di settimane consultabile online (previsto dall’articolo 24-quater, comma 2, del Dl 90/2014).
Sono oltre 33mila i database nelle mani degli enti locali (inclusi consorzi e associazioni) e 12mila le banche dati gestiti dalle scuole (di ogni ordine e grado). Molti devono essere criptati per motivi di sicurezza e di privacy e gestiti internamente, altri devono dialogare con altre amministrazioni e la loro condivisione genera sinergie positive tra gli uffici della Pa.
Peccato, però, che le 9.400 amministrazioni censite dal Catalogo dell’Agid gestiscono queste 54mila banche dati utilizzando ben 270 differenti applicativi informatici e schemi di salvataggio. Nel Catalogo dell’Agid, sotto la voce “formato”, sono migliaia le differenti estensioni e modalità di archiviazione delle banche dati dichiarate dalle amministrazioni per i 54mila database censiti. Infodatablog ha provato ad armonizzare queste diciture (relative al software utilizzato, all’estensione del file, etc.) e ha ottenuto 270 macro-insiemi: dai più comuni database che usano il modello relazionale Sql, ai tanti file gestiti tramite software come Access oppure Oracle, fino ai più rudimentali elenchi di dati salvati in .pdf oppure addirittura in .txt e – qualcuno – su supporto cartaceo.
Non stupisce, allora, dopo aver visto la mole di informazioni da gestire, se nel capitolo del Piano per la crescita digitale presentato la settimana scorsa dal Governo e dall’Agenzia c’è un intero capitolo dedicato ai dati: la grande sfida è far dialogare le banche le amministrazioni tra loro, tramite piattaforme uniche per condividere le informazioni e ridurre gli sprechi.
In parallelo si apre il capitolo degli open data, i dati aperti e quindi pubblicati online dalla PA. Sono solo una piccola parte di questa mole informazioni, secondo l’monitoraggio del portale Dati.gov.it in tutto circa 14mila: dal 2012 a oggi sono state progressivamente “liberate” numerose banche dati da parte delle amministrazioni centrali e locali. Non tutte con lo stesso indice di riusabilità (cioè livello di utilizzabilità da parte dell’utente, in base alla scala di Tim Berners-Lee per tipologia del file rilasciato).
Livello di riusabilità: da uno (minimo) a cinque (massimo) pallini
Dall’elenco delle piste ciclabili del Comune di Milano ai dati provenienti dalle certificazioni energetiche degli edifici in Regione Lombardia, i file di dati aperti sono una vera miniera d’oro per informare i cittadini e promuovere la nuova imprenditoria, con lo sviluppo di app e servizi digitali. Qui di seguito la mappa delle amministrazioni (centali, regionali, locali e universitarie) che rilasciano open data con la classifica di quelle più “aperte”.
La strada per la semplificazione e la trasparenza è appena iniziata, ma questa volta non basta un click.
Albano Laziale è il Comune più “aperto”: ecco quali sono le amministrazioni più trasparenti
Leggi “La miniera degli open data pubblici” pubblicato sul Sole 24 Ore di Lunedì 9 marzo