Sulla carta la Repubblica islamica ha i numeri per tornare a giocare un ruolo decisivo. Terza al mondo per riserve di greggio convenzionale, l’Iran produceva 3,9 mbg di greggio, esportandone, a inizio 2011, 2,6 mbg. Dopo l’embargo petrolifero europeo, scattato il primo luglio del 2012, le esportazioni erano scese, nei momenti più drammatici a 700-800mila barili al giorno. E comunque fino a poco mesi fa si aggiravano sul milione di barili. Prima dell’embargo Teheran poteva fare affidamento su 100 miliardi di dollari di entrate energetiche. Dopo soli due anni di sanzioni, le entrate si erano ridotte a 33 miliardi. Le sanzioni contro il sistema bancario e finanziario hanno poi stritolato gli altri settori dell’economia. La contrazione del Pil è stata inevitabile. Quando Teheran tornerà a produrre a pieno regime? Domanda difficile. La maggior parte degli analisti ritengono che possa aumentare l’estrazione di 250-300mila barili al giorno entro la fine dell’anno, per poi salire di altri 250mila nel primo semestre del 2016 e di altri 300-500mila entro la fine dell’anno venturo.
Nel 2011 l’Iran esportava 2,5 milioni di barili al giorno. Con l’introduzione delle sanzioni le esportazioni hanno subito un’inevitabile contrazione, arrivando nel 2014 a soli 1,1 mbg. Le sanzioni hanno avuto forti ripercussioni anche sul Pil iraniano, con un crollo nel 2012 del -6,6%
Tratto da Il Sole 24 ORE del 15/07/2015, pagina 3