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economia

Quanto vale il business dei prodotti islamici. I musulmani spendono 2000 miliardi di dollari per prodotti in linea con i dettami del Corano

Alle donne musulmane il Corano impone di vestirsi con sobrietà. Ma la classe emergente mediorientale non è insensibile al fascino della moda di Milano o di Parigi: solo, vorrebbe poter avere il velo giusto da abbinare a quella camicetta così à la page. Qualcuno l’ha capito e ha fiutato l’affare: per conquistare questo mercato, Donna Karan l’anno scorso ha lanciato la collezione Ramadan. Gli abiti senza scollature profonde, così come le bevande analcoliche o la carne macellata in un certo modo sono prodotti definiti halal, cioè realizzati secondo i dettami della Sharia. Per i credenti dell’Islam, comprare solo questi è un obbligo. Il che significa che per questi beni c’è un mercato grande quanto un quarto della popolazione mondiale. Non solo: secondo l’ultimo report dell’inglese Euromonitor, entro il 2030 i consumatori di religione musulmana peseranno per il 26% dei consumi mondiali. Una fetta di tutto rispetto.

Secondo uno studio commissionato dal governo di Dubai alla Thomson Reuters, sono circa 2000 i miliardi spesi dai musulmani nel mondo tra cibo e vestiario, una cifra che è destinata a raddoppiare nel 2019. La spesa maggiore della popolazione musulmana è quella per gli alimenti halal (1.292 miliardi spesi, che si prevede diventino 2.536 nel 2019), seguita da quella per la moda (266 miliardi), dal turismo (140 miliardi) e dai cosmetici (72 miliardi)

Tratto da Il Sole 24 ORE del 14/09/2015, pagina 15