Nessuna professione sfugge ancora al divario di reddito uomo/donna. Nemmeno quelle in cui la prevalenza femminile è schiacciante, da sempre. Prendiamo gli infermieri: le donne attive (con contributi alla Cassa Enpapi) sono quasi il triplo degli uomini: 40mila contro i 16mila. Eppure le donne continuano a guadagnare il 10% in meno dei loro colleghi maschi. Non migliora la fotografia del gap di genere nelle libere professioni che si ottiene dai redditi degli iscritti alle Casse professionali nel quinquennio 2009-2013, elaborata nell’Infodata del Sole 24 Ore del Lunedì di questa settimana. Persino per la crisi le donne hanno pagato il prezzo maggiore. È vero che in tutte le categorie (ad eccezione dei veterinari) nel quinquennio i redditi sono calati, ma per le donne la perdita è sempre maggiore. In controtendenza vanno solo le ragioniere, che hanno perso il 7,6% del reddito, due punti in meno degli uomini.
Il gap retributivo di genere in Italia è ancora molto alto per quasi tutte le categorie professionali. La differenza maggiore si nota tra gli avvocati, dove le donne percepiscono in media 22.247,4 euro a fronte dei 53.389,1 degli uomini. Forti disparità anche per commercialisti e architetti/ingegneri, mentre le differenze di retribuzione sono minime per agrotecnici e periti agrari, dove le donne (che sono però solo il 10,5%) soffrono un gap retributivo di “soli” 7,8 punti percentuali.
Tratto da Il Sole 24 ORE del 26/10/2015, pagina 5