La fotografia dei redditi medi dichiarati agli enti previdenziali dai lavoratori autonomi negli ultimi cinque anni mette in luce, ancora una volta, il divario uomo-donna. Il gap retributivo di genere emerge in tutte le 13 categorie professionali, dai redditi medi registrati nel quinquennio 2009-2013 e forniti al Sole 24 ore dalle Casse di previdenza.
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Nella prima slide sono visualizzati gli iscritti alla Cassa nel 2013 (numero assoluto di uomini e donne) e la relativa quota rosa (percentuale di donne). Nella seconda slide è possibile conoscere i redditi medi dei professionisti distinti per anno e per genere, con il relativo l’andamento del gap retributivo tra i due sessi. In questo caso, infine, viene evidenziata la relativa variazione percentuale del reddito nei cinque anni, positiva solamente per i veterinari e per gli agrotecnici e periti agrari donne.
Nel complesso, nessuna professione sfugge ancora al divario di reddito uomo/donna, nemmeno quelle in cui la prevalenza femminile è schiacciante, da sempre. Prendiamo gli infermieri: le donne attive (con contributi alla Cassa Enpapi) sono quasi il triplo degli uomini: 40mila contro i 16mila. Eppure le donne continuano a guadagnare il 10% in meno dei loro colleghi maschi.
Persino per la crisi le donne hanno pagato il prezzo maggiore: è vero che in tutte le categorie (ad eccezione dei veterinari) nel quinquennio i redditi sono calati, ma per le donne la perdita è sempre maggiore. In controtendenza vanno solo le ragioniere che hanno perso il 7,6% del reddito, due punti in meno degli uomini.
Il record spetta alle avvocatesse che nel 2013 hanno guadagnato in media poco più di 22mila euro, ben il 58% in meno degli uomini. Incassano quasi la metà dei colleghi anche architette e commercialiste. Negli ultimi cinque anni all’aumento delle “quote rosa” tra gli iscritti si sottrae l’Enpam: per medici e odontoiatri, la predominanza femminile sta sfumando. Nel 2009 i neoiscritti erano al 60% femmine, nel 2013 le donne sono scese al 57%, “regalando” i tre punti agli uomini.