D’accordo, il cibo. E poi la moda, il design, i mobili. Nell’immaginario collettivo è forse questa la cifra distintiva del made in Italy, comparti “visibili” e di grande impatto emotivo, certamente elementi importanti per il nostro export. Che però trae la propria forza altrove, in un macro-comparto che forse meriterebbe spazi promozionali e investimenti di marketing superiori. La macro-area dei macchinari, terreno vasto che spazia dalla componentistica ad alta tecnologia passando dagli impianti per packaging, i robot e le macchine utensili vede l’Italia giocare un ruolo di primo piano su scala globale: siamo infatti i secondi maggiori esportatori in Europa e quinti assoluti nel mondo, o mondiale alle spalle di Cina, Germania, Stati Uniti e Giappone. Ed è proprio questa, la meccanica hi-tech made in Italy, a rappresentare l’architrave che sostiene l’avanzo commerciale nazionale, “dote” che nei primi otto mesi del 2015 vale oltre 30 miliardi di euro, grazie a vendite che (dati 2014)sono state pari a ben 74 miliardi di euro.
Il macro-comparto della meccanica strumentale garantisce un volume di export triplo rispetto a quello di moda, design e mobili e, secondo uno studio della Sace, continuerà a crescere con un tasso medio del 5% annuo fino al 2018, portando il valore delle esportazioni oltre 90 miliardi. Attualmente i comparti di punta della meccanica strumentale italiana sono “motori e turbine” (6,1 miliardi di export), “macchine utensili” (6,0 miliardi), “packaging” (4,7 miliardi) e “macchine per l’industria alimentare” (3,1 miliardi).
Tratto da Il Sole 24 ORE del 28/10/2015, pagina 32