Il caso più significativo è quello di Lisbona 1998, che ebbe meno visitatori del previsto (poco più di 10 milioni anziché 15 milioni) e chiuse con una perdita di circa 550 milioni di dollari per la società di gestione. Eppure, è considerata uno degli esempi più virtuosi nella storia delle Esposizioni, non solo per la qualità dei contenuti, ma soprattutto per il suo lascito alla città. «Tutto è stato pianificato dall’amministrazione comunale, sin dall’inizio, pensando al dopo evento», dice Valeria Bottelli, presidente dell’Ordine degli Architetti di Milano, che da oggi inaugura «Expo dopo Expo», mostra fotografica che testimonia il destino dei siti che hanno ospitato le passate Esposizioni in sei città europee. Fu scelta un’area marginale e sottosviluppata della capitale, che oggi è stata trasformata in una zona residenziale e ricca di verde e pienamente integrata alla città. Al polo opposto si trova Siviglia, che nel 1992 ospitò una delle Esposizioni di maggiore successo, con oltre 40 milioni di visitatori e ricavi superiori ai costi. «Eppure – spiega Bottelli – la città non è stata capace di inventare un futuro coerente per l’area, che ospita oggi servizi disomogenei e poco integrati con il restante tessuto urbano».
Nonostante il record di perdite sia di Shanghai (deficit di 2,4 miliardi), il fallimento maggiore è probabilmente stato quello dell’Expo di Hannover 2000, che chiuse con oltre 700 milioni di deficit e “soli” 18 milioni di visitatori (contro i 40 milioni previsti). Un esempio positivo è invece quello di Aichi 2005, con 22 milioni di visitatori a fronte di un investimento di 450 milioni di euro, che ha portato introiti per 570 milioni.
Tratto da Il Sole 24 ORE del 05/11/2015, pagina 11