Con un’aliquota del 33%, l’Italia è il Paese con il più alto peso dei contributi pensionistici sul lavoro dipendente dell’intera area Ocse. A rilevarlo è la stessa Organizzazione di Parigi nel rapporto “Pensions at a glance” che fotografa i sistemi previdenziali nei vari Stati. Avvisando: contributi obbligatori elevati, «possono abbassare l’occupazione complessiva e aumentare il sommerso».
Spesa previdenziale al 15,7%, quasi il doppio della media Ocse La spesa previdenziale italiana resta fuori misura: nel 2013 è stata pari al 15,7% del Pil, quasi il doppio di quella degli altri Paesi, che si ferma all’8,4 per cento. Le riforme hanno sì migliorato la sostenibilità finanziaria del sistema, grazie all’aumento dell’età pensionabile e alla perequazione tra donne e uomini, ma l’invecchiamento della popolazione continuerà a esercitare pressione sul finanziamento. Per questo l’Ocse invita a ulteriori sforzi.
Qui l’articolo sul Sole 24 Ore
Il boom degli over 55. Negli ultimi 10 anni, grazie alle riforme del sistema previdenziale il tasso di occupazione degli italiani tra i 55 e i 64 anni è cresciuto di 15 punti passando dal 31% al 46% ma resta ancora molto inferiore a quello della media Ocse (57% nel 2014).
Sul Jobs Act. Il Jobs Act “affronta alcune criticità del mercato del lavoro” e “potrà anche migliorare la stabilità delle carriere e le prospettive di pensione dei lavoratori più vulnerabili”. Lo scrive l’Ocse nelle sue note sull’Italia allegate al rapporto “Pensions at a glance 2015”, presentato oggi spiegando che la nuova tipologia contrattuale a tutele crescenti “può contribuire a ridurre la profonda segmentazione tra contratti temporanei e spesso precari e quelli a durata indefinita