Per la prima volta la musica in streaming supera per giro d’affari le vendite di cd e dischi in vinile. Lo certifica il Global Music Report dell’Ifpi (l’associazione mondiale dei discografici) che indica in 15 miliardi di dollari il valore dell’intera industria della musica (+3,2%). La musica digitale sarebbe complessiva cresciuta del 10,2% a 6,7 miliardi di dollari e rappresenterebbe il 45% delle vendite totali contro il 39% di quella fisica. Più nello specifico lo streaming è cresciuto del 45% a 2,9 miliardi di dollari compensando così il declino del download.
Il numero uno dell’Ifpi Frances Moore ha detto : “Dopo due decenni di declino quasi ininterrotto nel 2015 assistiamo alla crescita dei ricavi a livello globale. Il settore si è adattato all’era digitale ed è emersa forte e più intelligente” .
Download in crisi. Nel mondo 68 milioni pagano un abbonamento per ascoltare la musica online. Il download pur rappresentando il 20% dei ricavi dell’industria ha perso il 10,5% a 3 miliardi di dollari. E’ il calo più consistente dal 2014.
Quanto entra nelle tasche degli artisti?
Per gli artisti gli incassi dalla musica (dischi, download e stream per capirci) e dalle performance live sono aumentati del 4,4%. I ricavi da streaming sono il 14% di quello che si mettono in tasca. Era il 10% nel 2011.
Il declino del supporto fisico.
Supporto fisico è una espressione tremenda. Ma dà l’idea. I cd, vinili e altro sono calati del 4,5%
Quanto è vasta l’audience di chi ascolta musica in streaming senza pagare?
Parliamo dei servizi come Spotify, Deezer e Napster più nello specifico di quelli che si sostengono con la pubblicità (e quindi free). La platea sarebbe di 900 milioni di persone. Mentre chi paga sono solo 68 milioni. Erano 41 nel 2014.
In Italia boom dello streaming ma non c’è il sorpasso.
La traiettoria positiva iniziata nel 2013 e proseguita nel 2014 dal mercato discografico in Italia, trova una decisa conferma anche nel 2015, con un incremento del 21% secondo i dati raccolti da Deloitte per FIMI, e un fatturato di 148 milioni di Euro al sell in.
Seguendo un trend ormai comune a tutto il mercato mondiale il segmento digitale risulta sempre più importante rappresentando oggi il 41% del mercato contro il 38% del 2014. L’innovazione nel settore discografico in Italia è in particolare guidata oggi dallo streaming, con servizi come TIMmusic, Spotify, Apple Music, Google Play e Deezer, che trascinano i servizi in abbonamento, soprattutto premium, con un +63% (e che rappresentano il 45% del digitale).
Complessivamente i servizi premium hanno generato oltre 26 milioni di euro contro i poco più di 14 milioni dei servizi free che includono YouTube (cresciuti del 38%). È evidente che i servizi sostenuti da pubblicità, benché generino un numero di stream elevato, producono ricavi molto contenuti evidenziando un significativo gap di valore per gli aventi diritto. Alla crescita dello streaming ha fatto da contraltare il declino del download sceso del 5%.
“La fotografia del mercato 2015 mostra un consumo trasversale da parte dei fan di musica” ha commentato il CEO di FIMI, Enzo Mazza, “dove adulti e teenager scelgono spesso in maniera indifferente tra i vari formati, dallo streaming sullo smartphone, al CD o la versione deluxe di vinile”.