16,7%, è la quota di crediti non recuperabili emessa dalle banche italiane, tra crediti deteriorati e sofferenze lorde
7,8, sono gli anni che ci vogliono in Italia per chiudere una procedura fallimentare
4 miliardi di euro, è la cifra che l’Italia ha versato in questi anni per aiutare il sistema bancario nazionale
Gli Npl, cioè i prestiti non performanti, sono un male comune in tutti i sistemi bancari d’Europa che però in Italia assumono una forma più critica che negli altri Paesi; sostanzialmente per tre motivi:
1) Sono molti di più che all’estero. È un problema nato e perpetuato a causa di una lunga e forte recessione, aggravato da casi di mala gestione, che ha portato le sofferenze lorde dai 107 miliardi del 2011 ai 202 miliardi attuali. Secondo i calcoli del Fondo monetario, ad oggi i prestiti in sofferenza sono l’11,2% del totale dei crediti (la media dell’euro “centrale” è del 4,3%). La situazione è ancora peggiore secondo i dati dell’Eba (European Banking Authority) per cui, se includiamo tutti i crediti deteriorati e non solo le sofferenze, la percentuale di mancato recupero sale al 16,7%.
2) Il sistema giudiziario lento. In Italia servono mediamente 7,8 anni per chiudere una procedura fallimentare, una media troppo elevata per uno smaltimento costante dei crediti.
3) Poche risorse pubbliche. Ad eccezione dei 4 miliardi di euro sovvenzionati dai Monti e Tremonti Bond, l’Italia non ha mai attuato una vera e propria politica di aiuti contro questo sistema incancrenito, ed anzi ha partecipato al salvataggio di banche spagnole e irlandesi.
Tratto da Il Sole 24 ORE del 14/04/2016, pagina 2