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economia

A marzo frenata dei contratti a tempo indeterminato


A marzo si registra una frenata nel ricorso ai contratti a tempo indeterminato. Il saldo occupazionale è positivo e segna un +9.417 rapporti di lavoro stabili, ma resta ben al di sotto del +81.452 dello stesso mese del 2015, mentre a marzo 2014 la differenza tra attivazioni, stabilizzazioni e cessazioni era negativa (-192).
Il rallentamento fotografato dall’Osservatorio dell’Inps è la conseguenza di una congiuntura economica ancora incerta per le imprese che lo scorso anno potevano contare su un forte incentivo (fino a 8.060 euro di decontribuzione l’anno per tre anni), rimasto in vigore in formato ridotto (fino a 3.250 euro l’anno per un biennio). Nel primo trimestre la differenza tra i nuovi rapporti di lavoro subordinato e le cessazioni è di +241mila, che è una cifra inferiore rispetto ai 326mila contratti in più di gennaio-marzo 2015. Questo rallentamento è legato ai contratti a tempo indeterminato: nel trimestre la variazione netta tra nuove assunzioni, stabilizzazioni di rapporti a termine e cessazioni è positiva per poco più di 51mila rapporti di lavoro, un saldo assai inferiore rispetto ai quasi 225mila contratti in più dello stesso periodo del 2015, ma anche rispetto agli 87mila contratti a tempo indeterminato in più registrati nel 2014 (quando l’incentivo non esisteva). Nel complesso le assunzioni nel trimestre sono state 1 milione 188mila, 176mila in meno rispetto al 2015 (-12,9%). Il saldo annualizzato fino a marzo 2016 segna +543mila rapporti di lavoro, mentre per i soli contratti a tempo indeterminato il saldo annualizzato è pari a +756mila. Quanto alla percentuale dei nuovi contratti a tempo indeterminato, tra gennaio e marzo rappresenta il 33,2% dei rapporti di lavoro, era il 41,5% nello stesso periodo del 2015 (il 36,2% nel 2014).
I dati Inps sono di flusso, riguardano assunzioni cessazioni e trasformazioni (non coincidono con il numero dei lavoratori), dei dipendenti del privato (compresi i lavoratori a chiamata e in somministrazione, escluso lavoro domestico e agricolo) e degli enti pubblici economici.
Articolo a pagina 9 del Sole 24 Ore del 19 maggio 2016