Di confortante, per noi Italiani, c’è che i dati spesso sbagliano. Perché a vedere i modelli predittivi sui campionati europei di calcio iniziati ieri sera, per gli azzurri non c’è probabilità di gloria. La storia, però, racconta che i Big Data – quando c’è di mezzo il calcio – spesso falliscono. Agli ultimi mondiali giocati in Brasile i modelli predittivi impazzavano: da Goldman Sachs a Deutsche Bank, fino alle industrie dei videogiochi come Ea Sports. Quest’ultima, che alla fine è risultata l’unica big company ad offrire la predizione vincente, aveva ottenuto il suo modello in un modo del tutto singolare: aveva simulato, su Fifa14, il campionato del Mondo. Cioè aveva fatto giocare le partite al suo computer. E a vincere i Mondiali era stata la Germania. Le previsioni basate sui dati, invece, vedevano il Brasile strafavorito.
Prevedere il risultato di un evento sportivo, del resto, non è certo la cosa più semplice del mondo. Se non fosse così, il mercato miliardario delle scommesse sportive non avrebbe motivo di esistere. E anche lo sport agonistico perderebbe il suo appeal. Anzi, in soccorso a tutto questo, c’è anche un libro molto interessante scritto da due autori americani: Chris Anderson e David Sally. Il loro “The Numbers Game – Why Everything You Know About Football is Wrong” dice, senza troppi giri di parole, che più o meno il 50% del risultato di una singola partita è dettato dalla fortuna. E spesso può bastare un passaggio maldestro a determinare il risultato di una partita, di una stagione. Eppure l’applicazione dei Big Data in questo senso sta diventando una tendenza molto diffusa.
Per gli Europei iniziati ieri stasera, ecco cosa dicono i modelli di Yahoo!, Goldman Sachs, Unicredit e Bing (Microsoft).