L’asticella si è alzata. Anche in un settore tonico e vitale del made in Italy come quello dei macchinari la concorrenza globale inizia a “mordere”, comprimendo la quota di mercato dei nostri costruttori, in particolare in Europa. Secondo l’analisi di Nomisma e Crif, che verrà presentata lunedì 20 giugno a Bologna ad eccezione dei comparti del packaging e dei macchinari per l’industria della carta, tra 2007 e 2014 per tutte le altre aree dei beni strumentali italiani la quota di mercato globale si riduce.
Discesa che per i paesi del G20 è quantificabile in poco più di un punto, dal 9,3% del 2007 all’8,2% del 2014. Frenata relativa, perché avvenuta in un contesto di crescita complessiva delle nostre esportazioni, salite in sette anni del 5,3% (con una crescita ulteriore nel 2015). Un passo analogo a quello della Germania (+7,3%) mentre per la Cina si tratta di un raddoppio: ancora nel 2010 l’export di macchinari di Pechino era due miliardi al di sotto di quello italiano, oggi lo supera di oltre cinque miliardi.
Se Slovenia, Grecia, Croazia, Spagna e Portogallo il made in Italy dei beni strumentali supera agevolmente una penetrazione del 20% sulle importazioni locali, all’estremo opposto oscilla tre il 3 e il 5% in mercati chiave come Stati Uniti, Canada, Cina, Giappone e Corea del Sud.
Articolo uscito sul Sole 24 Ore del 17 giugno 2016 a pagina 13