Un mercato da oltre 30 miliardi di euro, che supporta più di 150mila posti di lavoro. Il clean-tech italiano è almeno questo, in base ai calcoli dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, ma anche molto di più. Un’impresa su quattro, dall’inizio della crisi, ha scommesso su innovazione, ricerca, design e qualità sostenibile per ridurre l’impatto ambientale del proprio business e risparmiare energia. Oltre 370mila aziende, secondo l’analisi di GreenItaly 2015 – il rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere – hanno investito nelle tecnologie pulite.
L’orientamento green si conferma quindi un fattore strategico per il made in Italy. I numeri sono in crescita, secondo l’analisi del team di Vittorio Chiesa, che ha scavato per Nòva24 nei dati più aggiornati sulle Attività economiche dell’Istat riconducibili al clean-tech, in base ai quali il giro d’affari del comparto ha raggiunto i 31 miliardi e 335 milioni con 154mila addetti nel 2015, in crescita dai 30 miliardi e 870 milioni con 151mila addetti nel 2014. Gli analisti hanno incluso nel comparto tutti i settori dell’energia rinnovabile e dell’efficienza energetica, degli accumuli, della raccolta e riciclo dei rifiuti, del trattamento delle acque e del rinnovamento degli impianti idrici, della pianificazione e risanamento del territorio, della tutela del patrimonio boschivo. Ma gli investimenti nel clean-tech ovviamente sono più vasti e coinvolgono anche aziende estranee al comparto.