La classifica mondiale «Costofliving2016» realizzata da Mercer, analizzando un paniere omogeneo di beni e servizi in 209 città, ha assegnato il primo posto a Mumbai, considerata la città più disagevole per un country manager in missione all’estero. Trasferirsi nella città indiana ha un costo complessivo annuo di 385mila euro, più alto rispetto ai 366 mila di Shanghai e ai 315mila di Pechino.
Il profilo prescelto per la ricerca è quello di un country manager di una Pmi italiana, sposato, con un figlio a carico, che espatria. L’indennità per la qualità della vita pesa quasi quindici punti percentuali, nonostante la maggior libertà individuale costituzionalmente garantita, e ai maggiori costi per assicurare al figlio un’educazione di livello internazionale, la cui retta arriva a pesare il 10% del totale. In aggiunta, Mumbai è spesso sede di rivolte, proteste e tensioni razziali e religiose, per questo l’indennità riconosciuta al manager deve compensare tutte le variazioni che il trasferimento impone al suo stile di vita. Nella classifica Mercer sulla pericolosità delle città, Mumbai è al 149° posto e Shanghai al 97°. Nelle prime posizioni figurano Lussemburgo, Berna e Helsinki.
Inoltre, vi è la difficoltà nel trovare un’abitazione in linea con gli standard occidentali. A Mumbai i costi di locazione per gli espatriati lievitano a causa di un mercato immobiliare con poche regole certe. A Shanghai l’offerta presenta molte nuove costruzioni con appartamenti di qualità arredati, ma le multinazionali preferiscono collocare il personale in hotel internazionali e nei quartieri per stranieri. A Mosca le abitazioni arrivano a un costo di 67mila euro l’anno, assorbendo oltre un quinto della spesa totale. A Varsavia la forte domanda alza i canoni di locazione.