A cinque settimane dal referendum si comincia ad avere coscienza che l’effetto è solo ritardato: il peso dell’addio si sente e la Banca d’Inghilterra giovedì ne trarrà, crediamo, le conseguenze con l’atteso taglio dei tassi.
Mimetizzato da risultati superiori alle attese del pil britannico del primo trimestre dell’anno fiscale 2016-2017 (più 0,6%) il crollo della fiducia dei consumatori diffuso nei giorni scorsi si conferma spia importante: il messaggio è stato riaffermato da nuovi indicatori. La fiducia è crollata di 11 punti, record che non ha uguali negli ultimi ventisei anni anni. Ieri il Pmi della manifattura è caduto fino a quota 48,2 in ulteriore contrazione dal 49,1 alla base dell’indice Markit della scorsa settimana che aveva fermato la composizione industria e servizi a quota 47,7, livello sfiorato nel 2009 e considerato dagli analisti «drammatico deterioramento economico».
Una contrazione che colpisce tutti i settori a cominciare dalla finanza, pietra angolare dell’economia britannica, al centro di un warning diffuso ieri da Ernst&Young che immagina un calo del lending del 2% nel 2017.