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Risparmio, gli italiani restano liquidi ma preferiscono i bond bancari

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Le famiglie italiane confermano la loro scarsa conoscenza di concetti base dell’economia e degli strumenti finanziari. Ma nonostante la prevalenza del «fai da te» nelle scelte di investimento, l’italiano medio in questi anni di crisi e di incertezza politica ed economica rivela una sua saggezza. Una saggezza che si esplicita nella scelta, sempre più evidente nel 2015, di preferire gli strumenti liquidi – depositi bancari e postali – ad altri strumenti finanziari. L’indicazione emerge dal secondo rapporto della Consob sugli investimenti finanziari delle famiglie italiane. Il quale riconferma anche la persistenza di un altro fenomeno, nonostante da ormai oltre un decennio si parli di risparmio tradito e dell’importanza dell’educazione finanziaria. Lo strumento finanziario più diffuso nei portafogli degli italiani nel 2015 risultava essere quello dei bond bancari, e in particolare le obbligazioni subordinate. Proprio quello finito nell’occhio del ciclone dopo il salvataggio delle quattro banche a inizio 2016 e che, con l’introduzione del bail-in, hanno visto i titolari di obbligazioni subordinate perdere i propri risparmi. Bond che le banche hanno cominciato a vendere a mani basse proprio dal 2015, quando l’inasprimento dei requisiti patrimoniali imposto dalle norme comunitarie ha spinto molti istituti a emettere quegli strumenti che garantivano oltre alla raccolta anche un minore impatto sul patrimonio. Insomma, a fare da padrone nelle scelte di investimento continua a essere il dipendente allo sportello bancario. Il rapporto presentato ieri evidenzia come nel 2015 si sia drasticamente ridotta la quota di ricchezza detenuta in azioni (-43%) e sia aumentata invece la propensione a detenere strumenti liquidi, in particolare depositi bancari e postali che sono passati da un’incidenza del 38 al 53 per cento. Per quanto riguarda i bond bancari, la quota di famiglie che possiedono questi strumenti è salita al 12%, superando la percentuale che detiene titoli di Stato, la quale, dopo i picchi oltre il 13% segnati nel 2007, oggi si attesta all’11% circa. In aumento anche il possesso di prodotti derivati e di fondi comuni di investimento.
Articolo pubblicato sul Sole 24 Ore del 14 settembre 2016 a pagina 5