Un quarto dell’energia prodotta in Europa arriva da fonti rinnovabili. La brutta notizia è che i 28 paesi dell’Unione dipendono dall’estero per quasi il 50% dei consumi. E questo fa scendere ad appena il 7,7% la quota di energia “verde” consumata nelle case e nelle aziende dell’Ue. Quella buona? Se si guarda alla riduzione delle emissioni di CO2, a livello continentale l’obiettivo fissato per il 2020 è già stato ampiamente superato.
Ad offrire un quadro sulla produzione e sui consumi energetici nei 28 Paesi dell’Unione è Eurostat, istituto di statistica continentale che nei giorni scorsi ha rilasciato “Shedding light on energy in the EU”. Ovvero un rapporto che mette in luce da dove arriva la corrente che gli europei utilizzano quotidianamente. E sottolinea le ricadute ambientali di questi consumi.
Il risultato è che, se si guarda ai consumi finali, appena il 7,7% dell’energia consumata arriva da fonti rinnovabili. In Italia va ancora peggio, visto che la quota si ferma al 6,6%. A farla da padrona, con poco meno del 40%, è ancora il petrolio, con Roma sostanzialmente in linea rispetto alla media europea. Un quinto della potenza consumata nel Vecchio continente ha invece come origine il gas naturale.
I consumi energetici hanno, ovviamente, una ricaduta anche a livello ambientale. Ed è qui che arrivano le buone notizie per i cittadini europei. Fatte 100 le emissioni di CO2 registrate nel 1990, l’obiettivo fissato dal protocollo di Kyoto è quello di arrivare ad una riduzione del 20% entro il 2020. Un traguardo che l’Unione ha già raggiunto nel 2013, con ben sette anni di anticipo rispetto alla tabella di marcia. Così che nel 2014 ha già compiuto un primo passo verso l’ulteriore riduzione del 20% da raggiungere entro il 2030. Per arrivarci, l’Ue dovrà agire su due fronti: aumentare la quota di rinnovabili e ridurre la propria dipendenza energetica.