Produzione industriale che compie un balzo superiore ai 20 miliardi di euro, 200 mila nuovi posti di lavoro per un miglioramento dello 0,1% del Pil. Questo lo scenario che si prospetterebbe se venissero bonificati in modo definitivo i 38 siti di interesse nazionale – lo dice lo studio effettuato dal comitato Industria e Ambiente di Confindustria. Un beneficio non solo per la salute dei cittadini e dell’ambiente, ma anche per le loro tasche.
Per mettere in atto un piano di risanamento quinquennale sono necessari investimenti per un totale di 9,7 miliardi di euro. È dalle imprese che arriva l’appello rivolto al Governo – durante gli “stati generali delle bonifiche dei siti contaminati” che si sono svolti a Ferrara. In questa occasione è stato messo in evidenza come sia stata proprio l’industria a superare tutti per la capacità di ridurre le emissioni inquinanti (-43,2% per il manifatturiero -16,5% per il settore energetico).
Le aree inquinate sono sparse su tutto il territorio nazionale, ma quelle più estese sono Sulcis (in Sardegna) con 14.154 ettari interessati, Brindisi e Taranto rispettivamente con 5.851 e 4.383 ettari. Estranee a questo problema rimangono il Lazio e il Molise.
Dallo studio emergono anche una serie di difficoltà. Una in particolare è l’arretratezza delle tecnologie di disinquinamento – nel 40% dei casi vengono ancora utilizzate le ruspe. Ma quello che manca più di tutto è una regia – un soggetto che sia in grado di coordinare un nuovo inizio – questo è ciò che evidenzia Corrado Clini, relatore d’apertura dell’evento internazionale Watec.