L’Italia è al quarto posto nel mondo per numero di donne nei consigli di amministrazione delle società, con una quota del 30,8%, percentuale cresciuta di quasi sei volte rispetto al 2010. Un cambio di rotta epocale? No, piuttosto l’effetto della legge Golfo-Mosca, che dal 2012 impone alle società quotate e alle partecipate pubbliche di riservare almeno un terzo dei ruoli in cda e collegi sindacali al genere meno rappresentato.Un obiettivo ormai raggiunto, ma che ora pone una domanda sul futuro. La legge, infatti, per non essere incostituzionale è “a tempo determinato”. Ha, cioé, una durata pari al rinnovo di tre mandati, per complessivi nove anni. Un arco di tempo ritenuto sufficiente per portare a un cambiamento sociale. Ma certo non è detto che allo scadere della legge le percentuali restino quelle attuali, anche perché ad un aumento delle donne nei board non è affatto corrisposto un incremento delle donne nei livelli apicali delle società. Vale a dire che senza quote resta difficilissimo riuscire a fare carriera.
L’Italia, comunque, secondo il ‘Cs Gender 3000: The Reward for Change’, a cura del Credit Suisse Research Institute, in Europa è viene dopo la Norvegia, prima con il 46,7% di donne nei cda e nei posti dirigenziali di alto livello, la Francia con il 34% e la Svezia con il 33,6%. Nel grafico a seguire è possibile passeggiare nell’intreccio di nomi e società di Piazza Affari, per scoprire anche quali donne ad oggi coprono più di una carica nei board e nei collegi sindacali. Da sottolineare che i dati raccolti dall’Ufficio studi del Sole 24 Ore evidenziano anche le percentuali di genere delle quotate all’Aim, che non sono sottoposte all’obbligo di quote.
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Dataviz ed elaborazione dati Andrea Gianotti. La raccolta è a cura di AMF (Analisi Mercati Finanziari)