A quattro mesi dal varo della legge Cirinnà – era il maggio 2016 quando venne approvata – è possibile riflettere sui primi risultati. A Milano, città leader in Italia nelle nuove celebrazioni, le unioni già ufficializzate sono 26, ma molto più numerose sono quelle in lista di attesa (102). Negli altri capoluoghi di regione i numeri sono più contenuti: a Roma, ad esempio, che vanta una popolazione più numerosa della città lombarda, si registrano 9 unioni già avvenute e 74 in procinto di essere perfezionate. Alcuni centri restano esclusi dal fenomeno: i comuni di Campobasso e L’Aquila non hanno ricevuto richieste.
Numeri che sembrano irrilevanti rispetto alla sollevazione di massa che aveva accompagnato l’approvazione della legge, ma i dati non devono essere fraintesi. Innanzitutto – fa notare la senatrice Monica Cirinnà – il tempo ha giocato un ruolo decisivo. Le nuove regole in fatto di unioni omosessuali sono entrate in vigore a inizio giugno, ma di fatto non è stato possibile applicarle fino al 29 luglio. Il basso numero di celebrazioni registrate in agosto è poi coerente con la generale flessione di cerimonie che si verifica in questo mese, a causa della sovrapposizione con le ferie estive.
Considerate queste variabili, c’è un dato che lascia intendere in modo chiaro che le nozze gay sono destinate ad aumentare, ed è il numero di richieste in lista d’attesa. Il rapporto è quasi di uno a cinque: 100 unioni già in porto contro le 463 in itinere.