C’è anche chi a Seul crede in una cospirazione, magari orchestrata proprio da Apple. La verità è che agli alti piani di Samsung non riescono ancora a capacitarsi di quello che è successo. Il blocco totale della produzione del loro smartphone più rappresentativo, il Galaxy Note 7, oltre a rappresentare un danno economico e finanziario di non poco conto, e un danno di immagine senza precedenti, arriva in momento nevralgico della storia del gigante coreano. Proprio quando era a un passo dal suo rivale di sempre.
Prima un passo indietro: quello di Samsung e Apple è un confronto antico che esplode quando nel 2007 Steve Jobs tira fuori dal cappello magico l’iPhone, cambiando in un colpo solo forma e sostanza del mercato degli smartphone. Da allora è stata una rincorsa senza fine e senza esclusione di colpi. Una partita a due che li ha condotti dentro e fuori dalle aule dei tribunali per quattro anni. Quello dell’agosto del 2012 è ancora oggi ricordato nel mondo delle tecnologie come il processo del secolo. Sul banco degli imputati il sospetto di aver copiato il design di iPhone e iPad. Fuori dalle aule la certezza è che in quegli anni tutto il mondo dei produttori di smartphone non avrebbe potuto far altro che inseguire iPhone.
La violazione dei brevetti costò a Samsung dopo una complicata vicenda giudiziaria quasi 400 milioni di dollari, oltre a 548 milioni concordati con Apple. Ma più dei soldi quello che proprio non andò giù agli ingegneri coreani fu di venire superati non tanto sul fronte delle tecnologie mobili ma su quello del mercato. Da lì in poi la competizione si fece più serrata. Con Seul impegnata a imbottire di potenza di calcolo e memoria i propri smartphone e Apple concentrata nello sviluppare il proprio ecosistema di app, forte del sui vantaggio in termini di design.
La serie Galaxy, nata per gareggiare con iPhone, divenne subito appannaggio degli smanettoni, in qualche mondo simbolo di chi non si riconosceva nel mondo più perfetto e pulito del sistema operativo iOs. Nel 2014 le vendite di smartphone superano il miliardo. E nel quarto trimestre di quell’anno per la prima volta Apple supera Samsung: 75 milioni contro 73 milioni.
Era dal 2011 che il gigante coreano non si trovava a guardare tutti dall’alto in basso. I manager rimettono mano a tutta la catena di progettazione e distribuzione. Quella di quei mesi è una operazione muscolare e coraggiosa, che affonda le proprie radici nella mentalità competitiva e marziale coreana. Cambiano tutto. Via il policarbonato e dentro vetro e metallo.
Esce il Samsung Galaxy S6 e nel design si presenta da subito come un progetto di rottura con il passato. I coreani per la prima volta provano a sfidare la Apple sul loro terreno. L’S6 è chic, elegante e, per usare una iperbole, un telefonino vagamente “posh”.
Qualche utente tradizionale non capisce e non gradisce ma nel maggio del 2015 Samsung si riprende il primato nelle vendite. Allargando sempre di più la filiera di produzione dei telefonini, andando a coprire con più convinzione anche la fascia più economica. Con l’S7 il divario con iPhone diventa ancora più sottile. Dentro al nuovo telefonino c’è più hardware e non meno innovazione. Per i coreani sembra giunto il momento della riscossa. Anche perché Apple vive un momento delicatissimo della sua storia. A inizio 2016 la casa di Cupertino smette di essere la società più capitalizzata cedendo lo scettro a Google. Per la prima volta gli iPhone venduti hanno un segno meno (-11% in volume e -13% in valore). A fine agosto arriva la richiesta da parte della Commissione europea di pagare 13 miliardi di euro per vantaggi fiscali illegali in Irlanda. Sembra la tempesta perfetta. A maggio in Italia è Samsung è il brand più diffuso, seguito da Apple che invece è prima nella classifica dei margini e delle vendite nella fascia alta.
Poi qualcosa ai coreani va storto. Nel Samsung Note 7 qualcosa non funziona a dovere. La resa dei conti sembra solo rimandata.