Nulla di fatto ieri a Istanbul, dove l’unico esito dell’incontro tra i pochi Paesi Opec (e non) presenti è stato quello di fissare un nuovo appuntamento, per il 28-29 ottobre a Vienna. Restano ancora pochi mesi (appena due) prima della scadenza del 30 novembre, data nella quale si terrà il vertice ufficiale. L’obiettivo da raggiungere? Dopo l’accordo trovato ad Algeri resta da decidere l’entità dei tagli alla produzione di petrolio. Un matassa non semplice da sbrogliare, resa ancora più intricata dall’ambiguità di alcuni Paesi esterni all’organizzazione – primi fra tutti Russia e Usa – la cui adesione al programma dell’Opec non è ancora stata formalizzata. Stante il rapporto mensile dell’organizzazione – che indica nel mese di settembre di aver estratto 33,40 mbg, un record da almeno 8 anni – i tagli dovrebbero ammontare a 400-900mila bg.
Guardando a come è variata l’offerta di petrolio negli ultimi anni, si evidenzia una perdita di intensità nella produzione da parte dei Paesi non Opec, che da una posizione di netto predominio a fine 2014 – con una variazione di quasi 4 milioni di barili al giorno – sono andati in perdita, facendo registrare una variazione negativa (fino a quasi 2 mbg). Inversa la parabola dei produttori Opec che, dopo l’incremento di produzione del 2015, sono riusciti a mantenere un andamento positivo delle estrazioni.