Il 60% del campione del sondaggio del Sole 24 Ore sul referendum, sostiene di conoscere la riforma per la quale si voterà il 4 dicembre “poco” o “affatto”. Eppure dalle rilevazioni emerge una tendenza chiara: la prevalenza del No al 34%, mentre il Sì è fermo ad appena il 29% con un 37% tra incerti e astenuti.
Eppure i singoli contenuti della riforma elettorale piacciono o non dispiacciono agli elettori. Il 57% è d’accordo sul fatto che la maggior parte delle leggi possa essere approvata solo dalla Camera. Per l’83% è positivo che il governo possa chiedere alla Camera di deliberare su alcuni provvedimenti in tempi certi. All’80% dei rispondenti piace anche la riforma del sistema elettorale tout court, cioè l’elezione diretta del Presidente del Consiglio. Solo sul trasferimento di competenze dalle regioni allo Stato la maggioranza non è d’accordo.
E allora perché prevalgono i No? Il problema è stato fin da subito la personalizzazione del voto referendario, favorita dallo stesso premier Renzi, che ha però solo anticipato i tempi. La realtà è che il 61% degli intervistati ha un giudizio negativo sull’azione di governo nel suo complesso e ciò si traduce in un voto negativo alla riforma per esprimere dissenso contro il principale promotore del cambiamento.
I Sì sono concentrati prevalentemente tra gli elettori dei due partiti di governo, Pd e Ncd. Sono relativamente pochi i giovani favorevoli alla riforma: in tutte le classi di età fino ai 64 anni il No è in vantaggio, mentre vince il Sì tra gli over 65. Un ultimo handicap è il voto nelle regioni del Sud, tendenzialmente più ostili a Renzi rispetto a quelle del Nord.
Per i sostenitori del Sì resta la speranza di una bassa affluenza alle urne, che potrebbe capovolgere la situazione e favorire l’approvazione della riforma.