Sembrava ormai estremamente improbabile, ma alla fine l’Opec ha trovato l’accordo sui tagli alla produzione di petrolio: una diminuzione di ben 1,2 milioni di barili al giorno a partire da gennaio per sei mesi prorogabili. L’Organizzazione sostiene inoltre di poter contare fin da ora sulla collaborazione della Russia e di altri produttori non-Opec. Dopo anni di contrattazioni si è gridato al miracolo, ieri (30 novembre), quando è arrivata la notizia dell’intesa, che è riuscita a conciliare Arabia Saudita, Iran e Iraq – i tre paesi che avanzavano richieste pretenziose per le particolari situazioni belliche che stanno affrontando. Sull’altare della trattativa è stata sacrificata l’Indonesia, che ha deciso di autosospendersi dal gruppo.
Ma ormai si sa, non ci si può fidare ciecamente delle decisioni dell’Opec, i cui paesi hanno più volte violato gli accordi. Così l’Organizzazione ha cercato di prevenire ogni diffidenza: le quote di produzione di ciascun paese membro sono state pubblicate – cosa che non accadeva da dieci anni – ed è stato istituito un comitato di monitoraggio.
Tutto quello che c’è da sapere sull’Opec
La battaglia si è giocata nel tentativo di mettere d’accordo Arabia e Iran, nemici giurati e tra i più importanti produttori di petrolio, rispettivamente primo e secondo tra i Paesi Opec con 268,29 e 157,80 mbg. E se Teheran ha ottenuto il permesso ad accrescere l’output di 90mila barili al giorno per poi congelarlo a 3,797 mbg, per i sauditi il taglio sarà di quasi mezzo milione.
Non appena ha intravisto la possibilità di un accordo, il mercato è impazzito: le quotazioni del barile sono arrivate a guadagnare oltre il 9% nel caso del Brent e il 10% per il Wti. In chiusura il riferimento europeo valeva 50,48$ e l’americano Wti 49,75$.
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@MichelaPiccoli_