A due giorni dall’accordo Opec sui tagli alla produzione del greggio, tra gli economisti divergono le stime ma non il concetto: i tagli alla produzione di petrolio potrebbero allontanare il fantasma della deflazione e riportare in Europa l’inflazione “cattiva”. Il caro-vita è infatti auspicabile se nasce da un aumento dei salari e dei consumi, ma non da un rimbalzo del prezzo del petrolio.
Secondo il capoeconomista di Natixis, quando la produzione di petrolio viene tagliata dell’1%, il prezzo del barile può salire potenzialmente del 15%. In effetti solo negli ultimi due giorni il rincaro è stato del 13%. Si stima inoltre che il greggio possa arrivare fino a 60 dollari a metà 2017 e addirittura a 70 a metà 2018. Questo ovviamente se i Paesi Opec e non-Opec manterranno le promesse di tagli.
In questo scenario l’inflazione potrebbe arrivare fino all’1,9% a fine 2017 in Europa. Se il caro-vita fosse determinato esclusivamente dall’aumento dei prezzi dell’energia, i consumatori perderebbero potere d’acquisto e la Bce potrebbe essere costretta a rivedere la sua politica di stimoli all’economia.
Queste restano ancora solo previsioni. Ma su una cosa sono tutti concordi: l’incertezza aumenterà.