È mezzogiorno in punto di un mercoledì qualunque: prendete in mano un cronometro e un taccuino e potete iniziare l’esperimento.
La vostra giornata comincia adesso, e terminerà alla stessa ora del giorno seguente. Minuto per minuto segnate tutto quello che fate: vi lavate i denti? 3 minuti. Cucinate il pranzo? 21 minuti. Telefonate ad un’amica? 7 minuti. E così via, finché, dopo 24 ore, alle 12 esatte di giovedì avrete registrato tutte le vostre attività.
Non è solo un vecchio proverbio: il tempo è effettivamente denaro, o perlomeno si comporta come tale. È un bene scarso e limitato, e per questo siamo chiamati a spenderlo nel miglior modo possibile tenuto conto delle circostanze in cui viviamo. Un po’ lo useremo per dormire e dell’altro per lavarci; un po’ per lavorare e una quantità dovremo invece dedicarla alla casa. A seconda della nostra età e della nostra condizione personale, familiare o professionale decideremo come spendere i 1440 minuti di una giornata in modo differente, avendo un “bugdet” a disposizione: proprio come facciamo con il denaro.
Istat, in una recente indagine, ha raccolto su base campionaria i tempi di vita della popolazione italiana: cosa fanno i bambini? Come spendono le ore del giorno gli adulti occupati? E quelli disoccupati? E con la terza età cosa succede?
Il quadro che ne viene fuori è un interessate affresco della nostra società e, purtroppo, il dato che balza subito all’occhio è la profonda diversità di genere che attraversa l’Italia.
Non tanto da bambini: tra i tre e i quattordici anni, le vite di maschi e femmine corrono praticamente quasi parallele. Ma già nella fascia successiva, adolescenti e giovani donne dedicano mediamente al lavoro domestico quasi un’ora in più dei coetanei maschi, i quali la impiegano nel lavoro retribuito e nel tempo libero.
Nell’età adulta il lavoro familiare è ancora fortemente femminile: le donne spendono il doppio delle ore rispetto agli uomini per attività domestiche non retribuite, sia che il confronto avvenga tra occupati sia tra i non occupati. E se è vero che i maschi hanno una professione che occupa loro più tempo (2 ore al giorno circa), trovano comunque 50 minuti in più al giorno per sé rispetto alle femmine.
Alcune buone notizie vengono dalle tendenze di fondo: vi è una accelerazione nella partecipazione maschile alle attività domestiche (negli ultimi cinque anni l’incremento è stato pari a quello dei venti anni precedenti) e laddove entrambi i coniugi lavorano l’indice di asimmetria scende, con cali più marcati nelle coppie con figli e laddove la donna è laureata o giovane.
In definitiva le differenze di genere iniziano già con quei 20 minuti al giorno in più che le ragazzine alla scuola secondaria inferiore devono spendere per la famiglia, tempo che i coetanei maschi tengono invece per sé. Potrebbe sembrare poca cosa, ma è la stessa proporzione che sarà mantenuta nel corso della vita. Le differenze di genere iniziano proprio da chi aiuta ad apparecchiare la tavola.
Testi e dataviz di Andrea Gianotti @andreagianotti