L’attivismo è ammirevole: Donald Trump continua ad avere un’agenda fittissima, occupandosi direttamente di tutto, proprio come aveva promesso in campagna elettorale. Ieri ha visto i tre grandi dell’auto. È stato anche molto “gentleman”, si è alzato per tenere la sedia alla signora Mary Barra Ceo di Gm «mi consenta di aiutarla», ha detto. Davanti a lui c’era Mark Fields, Ceo di Ford, al quale ha fatto gli auguri di buon compleanno, alla sua sinistra Sergio Marchionne, con cui ha scherzato: «So che ha viaggiato di notte per essere qui con noi questa mattina, grazie». Poi si è passati agli affari: «Non voglio puntare l’indice su di voi, anzi, l’obiettivo è creare posti di lavoro, e già lo stiamo facendo alla grande, alla grande (big league) business tutti per essere qui, dobbiamo rilanciare i posti di lavoro in America…sono un ambientalista, ma le regole sono fuori controllo tutte le regole sono fuori controllo, vi aiuterò tutto sarà più amichevole». Poi le porte si sono chiuse e il pool di giornalisti è uscito. Il baratto è semplice, Trump mette sul piatto meno regole, meno costi dovuti alla burocrazia, meno tasse, meno grattacapi sulla sicurezza, i grandi dell’auto dovranno aprire nuove fabbriche e creare nuova occupazione. Ma minaccia tariffe proibitive ai confini col Messico, fino al 35% e difficoltà se si continuerà a «investire all’estero e per l’estero e non per l’America e per il lavoratore americano». Se poi le fabbriche siano rimpatriate dall’estero, meglio ancora.