Se a livello mondiale la corsa alle privatizzazioni non conosce tregua, trainata dalla Cina, in Europa nel biennio 2015-2016 la spinta rallenta. Qualcosa però sta cambiando, come suggeriscono le previsioni per il 2017, che si preannuncia un anno ricco di incognite con una possibile inversione di tendenza.
Nel 2015 gli introiti da privatizzazioni nel mondo sono cresciuti del 74% rispetto all’anno precedente, macinando un nuovo record a quota 289,5 miliardi di euro, che aggiorna quello da 184,3 miliardi del 2009. Il trend è proseguito anche lo scorso anno, con entrate per 241,4 miliardi, secondo risultato più alto di sempre. Tuttavia, solo il 27% di questi introiti è arrivato dalle dimissioni in Europa nel 2015 e ancora meno (il 14%) nel 2016.
È la Cina, che da sola ha messo a segno nel biennio 573 operazioni per oltre 292 miliardi di euro (la metà del totale mondiale) il gigante delle privatizzazioni. Mentre Pechino è la paladina della globalizzazione e del liberalismo, dal Vecchio Continente arrivano segnali di un ritorno alle nazionalizzazioni, una sorta di neocapitalismo di Stato che coglie gli umori anti-mercato sempre più diffusi, in un periodo di elevata instabilità politica.
Eclatante il caso della Gran Bretagna la quale, prima nel 2015 (tra i Paesi Ue), con 13 operazioni per 32,12 miliardi, nel 2016 cede il passo e non compare nemmeno tra i primi cinque. L’anno appena trascorso ha visto una leggera caduta anche dell’Italia, dalla seconda posizione del 2015 (11,23 miliardi di euro per 11 operazioni) al quarto posto ferma a 4,3 miliardi. Stella delle privatizzazioni è la Francia che, a sorpresa, scala la classifica e si assicura la prima posizione nel 2016 con 9 operazioni per 8,6 miliardi di euro.
Fuori dall’Unione, Giappone e India seguono la Cina, che conferma il primato anche nel 2016, ma cambia compagni di podio, Australia e Russia. Stati Uniti illustri assenti nella classifica dell’anno passato.