Un fondo con una dotazione di 200-250 miliardi di euro. Sarebbe questa la dimensione ideale della “bad bank” europea a cui guarderebbe l’Autorità bancaria europea. Presentato nei giorni scorsi dal presidente dell’Eba, Andrea Enria, l’idea di un fondo smaltisci-sofferenze suscita un forte interesse tra gli operatori ma anche non poche perplessità. Sarà forse perché il progetto si trova ancora allo stato embrionale, ma ancora non sono chiari i meccanismi di uno strumento che si pone il pur apprezzabile obiettivo di smuovere le acque del mercato delle sofferenze. «Una bad bank europea è un’idea in principio interessante ma sono i dettagli che vanno esaminati», ha detto il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che si augura ora che l’intero dossier giunga «all’attenzione degli organismi europei, compreso l’Ecofin prima o poi».
Qualche indicazione in più sui possibili contorni dell’iniziativa tuttavia stanno emergendo. La dotazione di capitale, da quanto emerso ieri da fonti europee nell’ambito di un convegno organizzato da Crif e moderato da Andrea Resti all’Università Cattolica di Milano, arriverebbe solo in parte residuale dalle istituzioni nazionali: circa 20 miliardi. La parte restante – circa 180-230 miliardi – dovrebbe invece giungere da investitori privati. Una tale potenza di fuoco permetterebbe all’Asset management company di liberare gli istituti europei dal fardello di Npl che grava sui bilanci, pari a mille miliardi, 276 dei quali in pancia alle banche italiane.