La figura dell’”outsider” racchiude due destini opposti. Il primo ha il volto dello sconosciuto che irrompe all’improvviso in una competizione, nello sport come in politica, spariglia il campo degli avversari più titolati e diventa protagonista di un’avventura vincente. Il secondo è quello di chi vive ai margini dal circuito del successo, senza reti di sicurezza e opportunità di risalita.
Chi viene da fuori, incarnando un messaggio di fiducia. E chi resta fuori, arretrando sotto il peso della disillusione.
Nell’affresco dell’Italia tracciato nel rapporto della Fondazione Hume, non c’è traccia del “buon” outsider e della sua promessa di riscatto che si avvera. Tutta la ribalta è occupata da chi è imbrigliato in una condizione “out” e dal suo sogno infranto sulle macerie di un progresso che, per buona parte della popolazione, da tempo si è arrestato.
Tra fuori e dentro, è soprattutto il mercato del lavoro a marcare oggi il confine della disuguaglianza. Come spiega l’analisi, il fenomeno centrale del nostro tempo, per il nostro Paese in particolare, è infatti «la formazione di un nuovo segmento sociale che, pur facendo parte della popolazione potenzialmente attiva in quanto disponibile a lavorare, vive una condizione di grave e radicale esclusione dal circuito del lavoro regolare».
La spinta della grande crisi
La nuova Italia che avanza è la Terza società, l’esercito degli esclusi: disoccupati, lavoratori in nero e persone inattive perché non vedono più un contesto propizio per cercare un’occupazione. Si contrappone alla Prima, quella dei garantiti (personale pubblico e dipendenti regolari di aziende medio-grandi). E alla Seconda, quella di chi è esposto alle incertezze del mercato (operai e impiegati di piccole aziende e lavoratori autonomi senza ammortizzatori sociali).
La Terza società avanza perché, nel vortice della grande crisi che non sembra passare mai, le sue fila si sono rapidamente affollate. In sette anni, dal 2007 al 2014, la sua incidenza sul totale della forza lavoro è balzata, infatti, dal 22,5% al 29,9%,inghiottendo 2 milioni e 600mila nuove persone. La lieve flessione registrata negli ultimi due anni (28,7% nel 2016)non è sufficiente ad allontanare in modo netto il numero degli esclusi da quota 9 milioni, praticamente un terzo della forza lavoro.