Proviamo a guardare con il cannocchiale della storia i dati provvisori dell’Istat sul mercato del lavoro del mese di marzo.
E partiamo da una parola chiave: stabile. Secondo il nostro Istituto nazionale di statistica risulterebbe stabile alla fine del terzo mese dell’anno, il tasso di occupazione, al 57,6%. Ora puntiamo il nostro strumento di osservazione usando la stessa ottica, il tasso di occupazione, appunto. Ma miriamo su tre obiettivi: quello generale, quello dei giovani (15-24 anni) e quello degli un pò meno giovani (25-34 anni). Guardiamo lontano e all’oggi: nel marzo del 2014, a quell’anno sono riferite le serie storiche omogenee, il tasso di occupazione generale era al 57,5%, più o meno in linea con quello odierno anche se il numero di occupati cambia di circa mezzo milione di unità in termini assoluti (da 22 milioni e 326mila a 22 milioni e 870mila). Se osserviamo i giovani vediamo che purtroppo la storia è molto diversa: per i 15-24enni nei 13 anni in questione il tasso di occupazione è sceso dal 28,2% al 17,2% e in termini assoluti i giovani lavoratori sono scesi da un milione 697mila a un milione e 13mila. Gli un pò meno giovani (25-34enni) occupati hanno fatto un salto quasi uguale, dai sei milioni e 4mila del marzo 2014 sono scesi a quattro milioni e 77mila (ovvero da un tasso di occupazione del 70,1% a un più misero 60,8%.
Nell’Info data ecco i dati in valore assoluto la serie storica sulla disoccupazione giovanile di marzo.
Guardare lontano aiuta a non rimanere intrappolati nelle letture strumentali dei dati e le loro variazioni congiunturali. Nel 2004 per esempio eravamo ancora ben ben lungi dalle grandi e doppie crisi, il Pil era in modesta crescita e l’Italia non si era neppure avvicinata a programmi europei come il Garanzia giovani, pensando che il suo modestissimo armamentario di politiche di attivazione (era sconosciuta l’alternanza scuola-lavoro) fossero bastevoli per gestire gli ingressi nel mercato del lavoro delle nuove leve. Oggi, 13 anni dopo, con tutte le trasformazioni tecnologiche vissute, tenendo naturalmente conto della demografia che pure è cambiata e le doppie recessioni di cui si diceva, i tassi di occupazione giovanili sono più bassi di dieci punti. Quei livelli sono il nostro “new normal”? Dieci punti sotto? Questa è la domanda da porsi per capire da dove si può (se si vuole) recuperare. Certo il tasso di disoccupazione dei 15-24enni sceso al 34,1% in marzo fa ben sperare ma la prospettiva di un recupero resta lunga. Nel 2004 non era stato ancora scandagliato il fenomeno dei Neet, coloro che non studiano né lavorano, né tante altre dinamiche che riempiono le pagine dei documenti statistici e dei giornali. Ma il problema è lì, semplice e perentorio, davanti ai nostri occhi: siamo dieci punti sotto con il tasso di occupazione giovanile. Si può recuperare?
Nell’Info data si possono navigare i dati percentuali Istat della popolazione giovanile. Dal 2004 a marzo.