I dati saranno un fattore centrale nella produzione del ventunesimo secolo. Lo scrive l’Ocse nel suo rapporto Going Digital: The Next Production Revolution. “È necessario adottare misure volte a incoraggiare gli investimenti nei dati che abbiano ricadute positive sulle aziende stesse e tra di esse. Gli ostacoli al riutilizzo e alla condivisione dei dati, inclusi quelli pubblici, meritano un attento esame e serve un quadro di gestione dei dati che tenga conto delle problematiche e delle criticità relative alla privacy e alla sicurezza digitale. A questo proposito, la qualità dell’infrastruttura digitale nonché il relativo accesso a potenti sistemi informatici sarà un elemento fondamentale per le imprese che operano in svariati settori. Conseguentemente, è essenziale la formulazione di politiche efficaci nel campo della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico. Le tecnologie esaminate nel rapporto sono il prodotto dei progressi compiuti nel campo delle conoscenze scientifiche e della strumentazione, sia nel settore pubblico che privato. La complessità di molte tecnologie di produzione emergenti supera le capacità di ricerca anche delle imprese più grandi, rendendo necessaria un’ampia gamma di partenariati di ricerca pubblici e privati. L’interdisciplinarietà della ricerca è dunque una delle sfide più importanti poste dalla Nuova Rivoluzione Industriale. I criteri di valutazione dei programmi di ricerca devono infatti avere lo scopo di promuovere l’interdisciplinarietà, lo sviluppo su larga scala di tali programmi e gli scambi tra le parti interessate”.
Nell’Info Data sono mostrati i dati dei lavoratori che usano computer connessi in rete. Come si vede nell’Info data in Italia in sei anni siamo passati dal 33 al 42%. In Svezia e Danimarca le percentuali salgono al 70% portando questi Paesi al vertice della classifica.
Nell’Info Data si possono navigare i dati per anno, cliccando in alto.
Il rapporto Ocse in realtà lancia un allarme, affermando che nelle economie più avanzate, la diffusione delle tecnologie può essere lento o parziale. Qualche dato? Un sondaggio effettuato nel 2015 ci dice che su 4500 imprese tedesche, citate nella relazione, solo il 4% aveva attuato processi di digitalizzazione e messa “in rete” delle produzione (si legga industria 4.0). Il ritardo si traduce in potenziale produttivo perso. Le stime per la Germania indicano che l’uso di tecnologie avanzate dell’informazione e della comunicazione (TIC) nel settore industriale potrebbe aumentare la produttività del 5% all’8% . Tradotto in soldoni, il valore aggiunto in ambito meccanico, elettrico, automobilistico, chimico, agricolo e ict dell’industria 4.0 in Germania potrebbe valere 78 miliardi di euro entro il 2025. Tuttavia, nonostante gli investimenti legati a Industria 4.0, l’attenzione del Governo e l’informazione sull’Iot, il gap non si riduce. Detto altrimenti il ritardo nell’adozione delle tecnologie necessarie per connettere supply chain, logistica e produzione preoccupa gli esperti dell’Ocse. “Molte aziende – si legge nel report – sono in ritardo nell’adozione delle tecnologie necessarie per digitalizzare la produzione industriale. L’adozione da parte delle imprese del cloud computing, la gestione della supply-chain, la pianificazione digitale delle risorse, e l’identificazione attraverso i sensori (per monitorare automaticamente i processi e gli oggetti) è ancora molto inferiore a quello delle reti a banda larga o siti web. Tradotto, la modernizzazione dell’industria è in ritardo rispetto a quella delle famiglie.
Nell’Info Data si può confrontare l’adozione delle aziende (manifattura e terziario) nel 2015. Scegliendo il Paese si ha accesso alle statistiche del 2015. Complessivamente l’Italia non è messa male. Anzi, siamo in terza posizione in Europa.
La relazione evidenzia inoltre che il miglioramento della produttività indotto dalla tecnologia provoca perdite di lavoro in alcuni casi e guadagni di lavoro in altri, ma complessivamente l’occupazione e gli effetti economici fino ad oggi sono stati positivi. Non si tratta di sottovalutare i disagi causati dal cambiamento tecnologico e il danno subito dai lavoratori che hanno perso il lavoro a causa di esso. L’implementazione di sistemi per aggiornamento professionale diventa strategica per evitare shock occupazionali legati al cambiamento tecnologico.