Altro che speranza nelle giovani generazioni. I Millennials sono più propensi alla corruzione rispetto ai loro genitori. E si fanno meno problemi ad “imbrogliare” sul lavoro, pur di ottenere gli obiettivi fissati. Questa una delle conclusioni alle quali è arrivata la Fraud Survey realizzata da EY, multinazionale dei servizi di revisione e organizzazione contabile. Ed intitolata quest’anno “Istinto umano o automazione. Quale miglior risposta nella lotta contro frodi e corruzione?”. Si tratta di uno studio che ha coinvolto oltre 4mila dipendenti, dai semplici impiegati ai top manager, in aziende europee, africane, indiane e del Medio Oriente. E un dei risultati è questo:
Il 25% dei Millennials, gli esponenti della generazione Y, sono disposti ad effettuare pagamenti in denaro per ottenere o mantenere un accordo d’affari. Uno su quattro, in altre parole, contempla la possibilità della corruzione. Un valore decisamente più alto della media, secondo la quale il 14% dei dipendenti è aperto a questo tipo di comportamenti. Ma più bassa di quella dei top manager: qui si sale al 33%. Senza arrivare agli illeciti penali, i più giovani appaiono anche più disposti a qualche piccolo imbroglio per fare bella figura col capo: il 20% dei Millennials è pronto a ritardare i report mensili così da guadagnare tempo per raggiungere gli obiettivi fissati. Si tratta di un giovane impiegato su cinque, contro una media di uno su otto.
(Fonte: EY) Un’attitudine verso la corruzione che, se tocca le punte più alte tra i più giovani, resta comunque diffusa. Nel senso che un dipendente su cinque, il 20% del totale, ha ammesso di essere pronto ad adottare dei comportamenti non etici per vedere progredire la propria carriera. Non solo: il 40% degli intervistati ha affermato di ritenere che i propri colleghi siano pronti a sacrificare la correttezza sull’altra della realizzazione professionale. Percentuale che sale al 49% tra i Millennials. Tanto che quasi la metà degli intervistati ha affermato di aver considerato la possibilità di rassegnare le dimissioni alla luce di comportamenti scorretti visti all’interno della propria azienda
(Fonte: EY) Solo il 21% degli intervistati, il 13% in Italia, ha dichiarato di essere a conoscenza dell’esistenza di un sistema di whistleblowing all’interno dell’azienda in cui lavorano. Ovvero di uno strumento che consenta di denunciare, in modo anonimo, comportamenti scorretti. Oltre alla scarsa consapevolezza di questo mezzo, però, le ragioni che frenano la denuncia sono altre. Più della metà degli intervistati ha preferito guardare da un’altra parte preoccupato per i riflessi che una segnalazione avrebbe potuto avere sulla propria carriera. Mentre un 46% temeva di mettere a rischio la sicurezza personale. Meno forti, ma comunque presenti, i sentimenti di lealtà verso i propri colleghi e verso la propria azienda. Tutte ragioni che contribuiscono a rendere più difficile la lotta alla corruzione all’interno del mondo del lavoro.